La mamma di un 29enne si è recata nella caserma dei carabinieri di Pordenone per denunciare il figlio per aver violentato una ragazza

“Credo che mi figlio abbia violentato una ragazza”. Queste le parole della mamma di un 29enne che, nella mattinata di lunedì 17 giugno, si è recata nella caserma di via Planton a Pordenone per denunciare suo figlio. Portando con sé anche le prove della violenza: alcuni scatti degli abiti del ragazzo macchiati dello spray indelebile anti aggressione di color fucsia. Indumenti che si era tolto appena tornato a casa nella tarda notte, tra l’8 e il 9 giugno.

Secondo quanto riportato da Il Gazzettino infatti, il 29enne, di origine sudamericana, era tornato a casa in piena notte ed era corso in bagno a togliersi i vestiti così da metterli in lavatrice. Quando il giorno dopo la madre ha cercato di lavarli, tuttavia, ha notato che alcune macchie non andavano via. Cosa che l’ha fatta insospettire parecchio, specialmente perché proprio in quelle ore, come riportavano i media locali, una diciottenne era stata violentata sull’argine del Noncello mentre rincasava dal turno di lavoro.

Non ci è voluto molto alla madre prima di unire tutti i tasselli. Mettendo in relazione l’ora dello stupro della giovane con quelle famigerate macchie color fucsia che proprio non volevano andar via dai vestiti del figlio. Macchie che la donna aveva ricollegato a un tipo di spray anti aggressione.

Quindi la decisione difficile ma più che giusta di recarsi dai carabinieri. “Sono una donna, una mamma e sono preoccupata. Sono una persona rispettabile e temo che mio figlio sia coinvolto nella violenza sessuale di cui ho letto sul giornale.”

Nel frattempo il 29enne si era già organizzato per fuggire in Spagna. Fondamentale, infatti, anche in questo caso, il contributo di una sua familiare, la sorella, che si è schierata dalla parte della giovane vittima. Ai militari, infatti, ha riferito di aver sentito il fratello parlare al telefono di un viaggio immediato in Spagna.

Chiare ed evidenti le prove che inchiodano l’aggressione: oltre le testimonianze dei familiari e il riconoscimento della vittima, anche le riprese delle videocamere di sorveglianza. Dinanzi al gip, l’aggressore ha affermato di non ricordare nulla dell’accaduto perché era in stato di ebbrezza. Tuttavia ha ammesso chiaramente di riconoscersi nei video che lo ritraggono mentre segue la sua vittima. Poco prima di violentarla.

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