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Morta per aver mangiato tiramisù non vegano, chiesto il processo per i produttori

La 20enne Anna Bellisario è deceduta dopo aver ingerito tiramisù "non vegano", che conteneva però tracce di lattosio a cui la giovane era altamente allergica

Morta per aver mangiato tiramisù non vegano, chiesto il processo per i produttori: "L'accusa è omicidio colposo"

La giovane era morta lo scorso anno per aver ingerito un tiramisù venduto come vagano, contenente tracce di latte a cui lei era allergica

La 20enne Anna Bellisario era morta all’inizio dello scorso anno dopo aver ingerito del tiramisù non vegano. Cioè per un prodotto che l’azienda produttrice aveva venduto come alimento mancante di lattosio a cui la giovane era fortemente allergica. Così il Procuratore aggiunto di Milano Tiziana Siciliano e il pubblico ministero Luca Gaglio hanno chiesto il rinvio a giudizio per Giuseppe Loiero, legale rappresentante, e Giovanna Anoia, responsabile delle linee produttive della Glg srl, ovvero l’azienda produttrice del prodotto incriminato, il “Tiramisun”, con marchio Mascherpa. Entrambi sono accusati di concorso in omicidio colposo per la morte di Anna Bellisario dopo dieci giorni di coma per choc anafilattico provocato da tracce di latte.

La produzione del tiramisù “vegano”

Lo scorso 15 gennaio, a carico dei due, era stata emessa una misura di interdizione dall’attività imprenditoriale per la durata di un anno. In seguito, alla fine dello stesso mese, è arrivata la chiusura delle indagini. In realtà, come hanno sostenuto i pm, all’interno del “dolce mortale” c’era “mascarpone”. Poiché alla Glg venivano preparati nello stesso ambiente sia prodotto vegani che non vegani, “in contemporanea e sullo stesso tavolo”. Confondendo così nella produzione di dolci l’uso di “preparati di origine animale”, come, ad esempio, il mascarpone, e di “ingredienti di origine vegetale”.

Inoltre, sempre secondo i pm, chi lavorava all’interno della suddetta struttura non aveva “una formazione adeguata”. Come confermato dal fatto che una dei dipendenti aveva seguito solamente “corso di carattere generale di quattro ore sulla normativa vigente in tema di igiene degli alimenti.”

Essendo molto attenta alle etichette, se ci fosse stato scritto che conteneva “tracce di lattosio o suoi derivati”, la 20enne “non avrebbe ordinato e consumato il dolce”. Dai pm era stata inizialmente chiesta l’archiviazione per altre posizioni iscritte nell’inchiesta. Tra queste vi era il titolare del locale dove la ragazza aveva cenato, insieme al compagno, la sera dell’intossicazione.

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