Il dramma delle famiglie: sono in cinque le vittime dell’incidente sulle Alpi degli scorsi giorni. La causa sarebbe assideramento

Cinque scialpinisti sono morti congelati sulle Alpi Svizzere, dopo essere rimasti intrappolati in una tempesta di neve a 3.500 metri di quota. Nonostante i tentativi di scavare una buca nella neve per proteggersi, le temperature estreme hanno reso impossibile la sopravvivenza. Un sesto membro del gruppo, composto interamente da membri della stessa famiglia, risulta ancora disperso.

Tra le vittime c’è Jean Vincent Moix, 30 anni, recentemente eletto consigliere comunale di Vex, un paesino del Canton Vallese. Il gruppo, composto da familiari di età compresa tra i 21 e i 58 anni, era partito sabato mattina da Zermatt, ai piedi del Cervino svizzero, in direzione della località Arolla. Le condizioni meteo, inizialmente stabili, sono drasticamente peggiorate all’improvviso.

Scialpinisti morti, il più giovane aveva 21 anni: cos’è successo

Dopo che un familiare ha lanciato l’allarme, intorno alle 16, le ricerche sono iniziate immediatamente. Nonostante le difficili condizioni meteorologiche e il pericolo di valanghe, una squadra di soccorso ha tentato di raggiungere il gruppo a piedi, ma è stata costretta a tornare indietro. Successivamente, sono stati impiegati 11 elicotteri e oltre 35 uomini, ma anche loro hanno dovuto interrompere le ricerche a causa del maltempo.

I corpi congelati delle cinque vittime sono stati trovati domenica sera. Secondo Anjan Truffer, capo del soccorso dell’Air Zermatt, “Abbiamo visto che avevano cercato di costruire una buca nella neve per proteggersi dal vento. Sono morti congelati in quota, disorientati”. Tutti e sei erano scialpinisti esperti e alcuni di loro si stavano allenando per la gara di scialpinismo “Patrouille des Glaciers”, una competizione organizzata dall’esercito svizzero che si svolge ad aprile sulle Alpi Pennine.

Come riportato dal comandante della polizia cantonale vallesana, Christian Varone, gli scialpinisti si sono trovati “in una situazione imprevista” alla quale non sono riusciti a far fronte. “Abbiamo lavorato 24 ore su 24 per tentare l’impossibile. A volte, però – ha concluso Varone – di fronte alla natura bisogna inchinarsi”

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