Secondo la perizia psichiatrica, Alessia Pifferi, la madre che ha lasciato morire di stenti sua figlia Diana, era “capace di intendere e di volere”

Alessia Pifferi, stando alla perizia psichiatrica depositata oggi, 26 febbraio, e disposta dalla Corte d’Assise di Milano, era capace di intendere e di volere quando nel luglio del 2022 lasciò morire di stenti sua figlia Diana di un anno. La madre 39enne, infatti, abbandonò la piccola da sola in casa per ben sei giorni. La perizia è stata firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, nominato dalla Corte presieduta da Ilio Mannucci Pacini, nel processo per omicidio volontario aggravato.

“Al momento dei fatti ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana.” Si legge nel testo. “E ha anche adottato ‘un’intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse.” Lo psichiatra, inoltre, ha anche sostenuto che la donna che ha abbandonato sua figlia a morte certa, non presenta “disturbi psichiatrici maggiori”. E neppure “gravi disturbi di personalità”.

La 39enne “ha vissuto il proprio contesto familiare e sociale di appartenenza come affettivamente deprivante e tale da indurre una visione del mondo e uno stile di vita caratterizzati da un’immagine di sé come ragazza e poi donna dipendente dagli altri (e in particolare dagli uomini) per condurre la propria esistenza.” Inoltre, ha “sviluppato di conseguenza anche un funzionamento di personalità caratterizzato da alessitimia, incapacità cioé di esprimere emozioni e provare empatia verso gli altri.” Pirfo ha sottolineato che “non essendo dimostrabile né una Disabilità Intellettiva né un Disturbo Psichiatrico Maggiore né un Grave Disturbo di Personalità, è possibile affermare che Alessia Pifferi al momento dei fatti per i quali è imputata era capace di intendere e di volere.”

Tale argomentazione è in linea con quanto sostenuto da Francesco De Tommasi, pm di Milano, e dal suo consulente. Per questo, dunque, la Pifferi rischierebbe una condanna per ergastolo. “Vista la mantenuta capacità di intendere e di volere non è possibile formulare una prognosi di pericolosità sociale correlata ad infermità mentale.” Si legge in 130 pagine di relazione degli esperti che “in presenza di un funzionamento cognitivo integro e di una buona capacità di comprensione della vicenda giudiziaria che la riguarda, sia in termini di disvalore degli atti compiuti sia dello sviluppo della vicenda processuale”, ritengono, quindi, l’imputata “capace di stare in giudizi”.

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