Dopo la condanna nei confronti di Alex Pompa, che ha ucciso il padre violento con la mamma a coltellate, la famiglia si ribella e ha con sé la spinta di tutta l’Italia, che grida allo ‘scandalo’
Alex Pompa è stato condannato in secondo grado a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione per aver ucciso il papà a coltellate nel 2020. Quanto accaduto nella casa di famiglia a Collegno, in provincia di Torino, vede l’imputato colpevole nonostante fosse stato assolto per legittima difesa in primo grado. Ma, due giorni fa, la sentenza della corte di assise di Appello di Torino ha cambiato di nuovo le carte in tavola. Una sentenza che non si sposa con l’opinione pubblica: “C’è una rivolta”. La carcerazione di Alex non è condivisa perché il giovane avrebbe agito per difendere la mamma, vittima delle violenze quotidiane di suo marito.
Il processo a carico di Pompa è ripreso dopo che si è pronunciata la Corte costituzionale, permettendo l’applicazione delle attenutanti rispetto alle aggravanti. Ecco perché la richiesta di partenza di 14 anni di reclusione si è trasformata in 6 anni, 2 mesi e 20 giorni. Alle parole della sua famiglia, fanno eco quelle della gente, che sui social stanno proponendo molte iniziative per dare attenzione al caso e fare il possibile per “scagionare” il ragazzo, soprattutto dinanzi ad un periodo di sensibilizzazione come questo in merito alla violenza sulle donne. “Se non moriva lui, morivo io”, è il nesso delle parole della signora Maria Cotoia. “Non è un assassino, se non fosse per lui sarei stata l’ennesima donna ammazzata”.
La rabbia della famiglia, la mamma Maria Cotoia: “Avrebbe ucciso me, importa a qualcuno?”
Ma sono parole che appaiono quasi inascoltate, come fa sospettare la donna. “Importa a qualcuno?”, che lei non sarebbe qua ad oggi? “Mio figlio quella sera mi ha salvato la vita”, ha tuonato in queste ore al Corriere della Sera. Quell’uomo la vessava, la umiliava, la sottometteva alle sue follie, non era solo violenza fisica: “Era ossessionato. Si arrabbiava per ogni cosa e perdeva il controllo: insulti, bestemmie e minacce. Mi urlava addosso, afferrandomi i polsi e le braccia. Mi spingeva. Era un violento”. Quindi la considerazione, maturata insieme ai figli: “Ogni volta mi ripetevo che dovevo resistere e ai miei ragazzi dicevo che dovevano estraniarsi. Non meritavano un padre così, loro sono dei bravi ragazzi. Prima o poi ci avrebbe ucciso”.
Ma uno dei ragazzi non riuscì a mettere in pratica il consiglio della madre: “Alex deve essere assolto perché ci ha salvato la vita”, ha detto Loris, il fratello del giovane condannato. “Se vogliamo che qualcosa cambi, se vogliamo evitare che le donne continuino a morire e che non ci siano più casi come quello di Giulia, la sentenza non può essere questa”. Alex lo scorso anno ha anche deciso di cambiare cognome per dissociarsi completamente dal vissuto del papà, da quel che ne restava in eredità, a partire proprio dai dati identificativi.
Ma non c’è resa, Loris e sua mamma vogliono ancora lottare: “Non siamo assolutamente d’accordo – con la sentenza (ndr) – e andremo avanti”. Delusione anche per il legale della famiglia: “I due erano già stati ascoltati separatamente la notte stessa del fatto. Per i giudici di primo grado erano stati considerati affidabili. I giudici d’Appello sono stati di diverso avviso. E questo è difficile da accettare”.