Alberto Scagni, 42enne affetto da gravi problemi psichici, il 1 maggio del 2022 uccise sua sorella. L’uomo, attualmente detenuto in carcere, alcuni giorni fa è stato brutalmente massacrato a colpi di sgabello, fino a causargli fratture multiple al volto. Attualmente Alberto Scagni è in coma farmacologico e la mamma pochi giorni fa ha raccontato che il figlio è in vita grazie alle macchine, nonostante le sue condizioni siano migliorate. Dopo aver “visitato” la cella in cui il figlio è stato pestato, Antonella Zarri ha affidato a un post della senatrice Ilaria Cucchi, il racconto di quel che ha visto.

Il racconto di Antonella Zarri

La mamma di Alberto Scagni, ha raccontato quanto ha osservato nelle ore passate nel carcere di Marassi. “Verso le 11:25 sono stata accompagnata alla cella 6. Quella in cui è stato massacrato di botte Alberto, mio figlio. Davanti alla cella 6, c’è la cella 9. Ci sono tre persone detenute, appena rivolgo lo sguardo, si avvicinano e dicono: Ci dispiace per quello che è successo, abbiamo chiamato noi, abbiamo cercato di fermarli. Chiedo quanto tempo è durato, mi rispondono tre ore. I ragazzi nelle celle vorrebbero parlare, ma vengono rapidamente istruiti a non esporsi. Allora parlano gli occhi, tradiscono disperazione”.

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La visita in cella e la breve discussione tra la direttrice del carcere e la mamma di Alberto Scagni

Poi, il racconto della mamma di Alberto Scagni si sofferma sulle condizioni in cui ha trovato la cella dov’è avvenuto il brutale pestaggio del figlio. “Un macello. In un angolo è rimasta una scarpa di Alberto, le macchie di sangue sono ovunque. Tavoli e brande, scaraventate. È la scena di una sommossa, in 15 metri quadrati. Un detenuto anziano mi ripete nuovamente che gli dispiace, ma il vicecomandante della polizia penitenziaria lo zittisce. Torno fuori dalla cella 9 e chiedo: ‘volevano ammazzarlo?’. Un ragazzo si mette una mano sul petto, sottovoce mi dice: ‘non lo so, non lo so davvero’. Ha l’aria ancora spaventata, quella di chi ha visto”.

Infine, rivela la breve discussione tra lei e la direttrice del carcere: “Resta muta, insipida e melliflua. non una parola di rammarico. Le chiedono: la signora voleva sapere cos’è successo, e lei: c’è un’indagine in corso. Sbotto, in modo educato, che la verità si può dire sempre. Sono le mie ultime parole, esco poco dopo senza nessuna risposta”.

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