Dopo 9 ore di interrogatorio Filippo Turetta ha confessato piangendo e barcollando di aver accoltellato Giulia Cecchettin vedendola morire

Piange e barcolla Filippo Turetta, dopo 9 ore di interrogatorio, in cui, come epilogo, confessa di aver accoltellato la sua ex ragazza Giulia Cecchettin e di averla vista morire, agonizzante. La voce trema, le frasi intervallate da singhiozzi pieni lacrime. Ne viene fuori il profilo di un giovane poco più che ventenne nella disperazione più totale. Durante la testimonianza, probabilmente, cerca di guardare i suoi genitori che non sono mai andati a trovarlo, che hanno sperato fino all’ultimo che tutto finisse in un istante, per loro e per lui.

E poi alcune frasi strozzate riportano tutti coi piedi per terra. Per una volta la realtà è più vicina all’incubo e non serve svegliarsi ogni giorno per scacciare il male che incombe. Filippo Turretta ha affondato il coltello ben 25 volte nel corpo di Giulia, il coltello tra testa e collo, tra carotide e giugulare. L’ha vista morire dissanguata. Almeno come riporta l’ordinanza di custodia cautelare che fa un elenco di ogni colpo inferto. Ma l’autopsia non è ancora finita e mancherà ancora del tempo prima che venga consegnata, nella sua interezza, alla procura di Venezia.

Tornando al mostro. Tornando a Filippo. I suoi silenzi, gli occhi persi nel vuoto, le pause, ma anche le risposte secche, quelle incongruenti, rendono la visione dell’omicidio ancora più chiara per il gip, nonostante l’ultimo tentativo strategico della difesa (che vuol giocarsi la carta dell’omicidio preterintenzionale). Il ricordo dell’ultimo “no” di Giulia e lo scoppio della furibonda lite. Lei si difende. Dice: “Mi fai male”, urlando. Risale in auto non potendo scappare. E Filippo le tappa la bocca con un adesivo per evitare che qualche curioso noti l’orrore che sta perpetrando.

Poi quel “mi è scattato qualcosa in testa” fanno tornare all’orrore, alla brutalità di un ragazzo che non può esser definito tale. Ma è “dispiaciuto e affranto per la tragedia” sentendosi pronto ad affrontare le “responsabilità che verranno”. Ne arriveranno per lui e secondo la legge saranno, si presume, proporzionate al danno inflitto. All’orrore che lucidamente ha commesso.

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