In vacanza insieme alla mamma, la piccolina ha contratto l’ameba mangia-cervello, anche se i medici non lo avevano compreso subito

Una tragedia che non le ha dato scampo: Stefania è morta a 10 anni dopo aver contratto l’ameba mangia cervello, che solitamente si annida nell’acqua dolce. La piccolina ha cominciato a manifestare malessere diffuso dopo aver passato alcuni giorni a Santa Marta, città sul mare dei Caraibi. La vacanza era stata una sofferenza per via delle continue manifestazioni dei sintomi, fino al tragico epilogo. Inizialmente nessuno sospettava che potesse trattarsi di un problema legato al Naegleria fowleri, ma i medici non hanno avuto dubbi dopo i primi momenti di smarrimento.

La morte di Stefania

Giunta nelle isole turistiche insieme alla madre il 18 giugno, dopo soli due giorni la piccola, che passava moltissimo tempo in piscina, ha cominciato a vomitare e ad avere la febbre alta. Anche sua mamma credeva che si trattasse di un malanno passeggero, anche perché il dolore sembrava attenuarsi. Dopo mezzo mese, però, la piccolina non si è più ripresa. Tra i sintomi vi erano anche fastidi intensi agli occhi e la debolezza diffusa, che le impediva di alzarsi dal letto.

Dal racconto della mamma, non appena la piccola aveva raggiunto il bagno con grandissima fatica, sono cominciate anche le convulsioni, i tipici sintomi dell’aggravamento. Inevitabile dunque il ricovero in pronto soccorso, raggiunto d’urgenza. Ma ogni intervento medico non è stato sufficiente, perché Stefania Villamizar Gonzalez è morta tre settimane dopo, il 28 di luglio. Due giorni prima della dipartita, i medici avevano diagnosticato la “morte cerebrale”.

“Condividiamo la nostra storia in modo che tutte le famiglie possano prendere le dovute precauzioni – hanno detto i familiari della piccola, straziati dal lutto -. Siamo distrutti, devastati. Stefanía era una tennista, pattinatrice e ballerina classica che sognava di diventare una ginnasta”. Adesso le autorità vogliono fare luce sulle condizioni dell’hotel dove mamma e figlia pernottavano, in particolar modo si vuole rilevare un’eventuale difformità con le norme degli standard di sicurezza da applicare, ma non vi sono accuse penali ad oggi.

Di che si tratta?

Una volta contratto, il Naegleria fowleri, noto anche come ameba mangia-cervello, uccide l’essere umano nel 97% dei casi. Si tratta di un piccolissimo animale unicellulare che si può trovare in acqua dolce e calda come laghi e fiumi. L’ameba si contrae in caso di esposizione prolungata in acqua contaminata: entra nel naso e viaggia fino al cervello, diffondendo i nervi allo stesso. Proprio nel cervello si moltiplica e distrugge i tessuti, innescando la meningoecefalite amebica primaria, infezione cerebrale rara quanto fatale.

I primi sintomi sono gli stessi manifestati da Stefania: vomito, febbre, malessere diffuso come debolezza e a volte, all’aggravarsi delle condizioni del paziente, anche convulsioni e allucinazioni dopo giorni o settimane. L’ameba viene sconfitto prevalentemente grazie all’utilizzo del farmaco antimicotico amfotericina B: il principio attivo altera le membrane del patogeno, comprese quelle del nucleo e del reticolo endoplasmatico liscio e ruvido. I medici sono alla ricerca di un farmaco in grado di essere ancora più efficace e soprattutto di limitare i sintomi associati.

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