Stefano Poletti è morto nella tarda mattinata di ieri, 15 novembre, in un cantiere del polo petrolchimico della Ravenna Servizi Industriali. Al 59enne mancavano ormai poche settimane di lavoro, perché nel 2024 sarebbe finalmente andato in pensione. Purtroppo, però, il meritato riposo dopo decenni di lavoro, Stefano, non se lo godrà mai, perché è rimasto vittima dell’ennesimo incidente sul lavoro.
La ricostruzione
I fatti sono avvenuti nella tarda mattinata di ieri, intorno alle 12.00. L’operaio 59enne, che lavorava in subappalto nel cantiere, era impegnato nelle operazioni di spianamento del terreno a bordo di una ruspa e un suo collega era intento a svolgere il medesimo lavoro, non molto distante da lui. Per ragioni ancora al vaglio degli inquirenti, però, l’operaio sarebbe sceso dal mezzo, forse per avvertire di qualcosa il suo collega, che però, ignaro, in manovra lo ha drammaticamente investito e schiacciato. Per Stefano Poletti non c’è stato nulla da fare ed è morto sul colpo.
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Le parole dei sindacati riguardo la tragica morte di Stefano Poletti
La morte di Stefano Poletti ha causato l’indignazione dei sindacati che hanno commentato sdegnati l’ennesima morte sul lavoro. Alessio Vacchi della Filctem Cgil, ha dichiarato: “Valuteremo le azioni da mettere in campo e in attesa che venga ricostruito l’accaduto esprimiamo vicinanza alla famiglia. Dopo di che sarà necessario avviare una riflessione sulla necessità di sicurezza nei cantieri, e che ciò sia avvertito come emergenza sempre, non solo quando accadono le tragedie”.
Anche Marcello Santarelli, della CGIL Trasporti ha commentato la tragica notizia. “Dobbiamo rilevare he ancora una volta le vittime sono lavoratori degli appalti e dei subappalti”. Dello stesso avviso è la nota congiunta di CGIL, CISL e UIL: “La dinamica dell’accaduto sembra, ancora una volta, confermare la pericolosità della pratica dei lavori in appalto e in subappalto, verso la quale tra l’altro l’attuale governo ha introdotto una serie di deregolamentazioni che hanno ulteriormente indebolito le già precarie garanzie di sicurezza”.