Nella mattinata di martedì 7 novembre, è avvenuta l’udienza decisiva per il processo a Ciro Grillo, figlio del comico e fondatore del M5s. Il ragazzo, oggi 23enne, è accusato di uno stupro di gruppo avvenuto nel 2019 all’interno della sua villa in Costa Smeralda. Nell’aula del tribunale di tempio Pausania era presente anche la studentessa italo norvegese che ha denunciato il ragazzo e altri 3 amici.
L’incontro al “Bilionaire”, poi la festa in villa, dov’è avvenuto il presunto stupro
La giovane, chiamata a testimoniare al processo a Ciro Grillo, nel corso della deposizione è scoppiata in lacrime mentre rispondeva alle domande del Procuratore Gregorio Capasso. Le difficoltà della giovane hanno reso necessaria una sospensione dell’udienza. La ragazza ha raccontato di aver conosciuto i 4 ragazzi durante una serata al “Bilionaire” di Porto Cervo e che dopo aver trascorso la serata insieme, con una sua amica li ha seguito nella villa dove poi è avvenuto il presunto stupro.
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Processo a Ciro Grillo, le parole delle 2 presunte vittime di stupro
“Io volevo urlare ma non ci riuscivo. Volevo gridare ma ero come paralizzata”, ha raccontato, tra le lacrime, disperata, la vittima dello stupro. Poi ha aggiunto di essere stata “afferrata per la testa e costretta a bere mezza bottiglia di vodka”. Secondo l’accusa, la ragazza sarebbe stata “Costretta ad avere rapporti di gruppo in camera da letto e nel box del bagno, approfittando delle sue condizioni di inferiorità psicologica e fisica”.
Alcune settimane fa, invece, per il processo a Ciro Grillo ha testimoniato l’amica della studentessa italo norvegese, anche lei presunta vittima. “Per quei ragazzi non ero una persona ma solo un oggetto – ha raccontato la ragazza -. Si sono comportati come se non avessi un nome. Ero semplicemente un divertimento per loro. Un qualcosa che dimostrava il loro potere maschile su di me. Quando ho saputo che mi sono state scattate foto hard mentre dormivo mi sono sentita come se al mondo non ci fosse sicurezza, come se fosse una cosa che potrebbe succedere tante altre volte. Chi commette questi atti sente di avere il potere sulla vittima”.