La donna si era spostata da Terracina a Verona per un operazione che le avevano assicurato essere a zero rischi
Era il 22 agosto 2017, Sabrina Di Girolamo aveva 36 anni e due figlie adolescenti.
Le era stato diagnosticato un tumore benigno, un neurinima dell’acustico delle dimensioni complessive di 16 millimetri per 12, collocato in corrispondenza della fossa cranica posteriore. Per l’operazione, aveva deciso di spostarsi dalla città dove viveva, Terracina, a Verona.
La donna, nata a Latina, era titolare di un negozio di parrucchiera e aveva tanti sogni spazzati via in un secondo quel giorno di agosto. Pur avendo un tumore benigno, i medici le avevano assicurato che l’operazione sarebbe stata un operazione di routine: zero rischi, nessuna complicazione.
L’operazione effettuata era una craniectomia retro mastoidea destra. La paziente, in anestesia totale, è posizionata semi seduta e la testa è fissata su una tastiera a tre punte, leggermente flessa in avanti e ruotata verso destra. La donna era dovuta rimanere in questa posizione per tutta la durata dell’intervento.
Al risveglio dell’anestesia è iniziato il suo inferno. Non riusciva a muovere più né le gambe né le braccia e da lì a poco è arrivata la terribile diagnosi: gravissima tetraplegia.
L’asportazione del Neurinoma era perfettamente riuscito ma successivamente c’è stata una “sofferenza endomidollare acuta con importante edema”.
“Mai e poi mai riuscirò ad elaborare questa nuova realtà nonostante siano passati quasi sei anni il mio sorriso è per le persone che mi vogliono bene, invece le lacrime sono quelle che ho nel cuore ogni momento di questa maledetta vita”, queste le parole della donna che ora chiama la sua vita, ‘il mio inferno’.
Secondo la magistratura scaligera, questa situazione si sarebbe potuta evitare. Questo ha sancito il giudice civile del Tribunale di Verona Luigi Pagliuca, che, con la sentenza del 7 dicembre scorso, ha riconosciuto a Sabrina e ai suoi familiari un risarcimento danni di oltre un milione e 600 mila euro. Il giudice Marzio Bruno Guidorizzi, il 27 aprile, ha disposto il processo per due medici.
Cos’è andato storto durante l’operazione?
Lo ha evidenziato il giudice civile nelle pagine di sentenza: “La manovra di posizionamento era stata scorrettamente eseguita, provocando il trauma che avrebbe poi determinato l’attuale condizione di tetraplegia – ed ancora – L’autore della manovra era stato uno specializzando, la cui attività avrebbe dovuto essere supervisionata dal neurochirurgo responsabile dell’intervento. Questi invece non era stato presente durante la suddetta manovra come invece avrebbe dovuto”
Il neurochirurgo, uno dei due medici a processo, è stato rinviato a giudizio per rispondere di lesioni colpose commesse nell’esercizio della professione sanitaria. L’altro medico a processo è l’anestetista.