Due neonati sono ricoverati a Modena a causa della cosiddetta “sindrome del bambino scosso”, altrimenti conosciuta come “shaken baby syndrome”. Vale a dire una gravissima forma di maltrattamento che i piccoli ricevono per via di scuotimenti piuttosto veloci, repentini e soprattutto violenti. Il fatto è stato riportato da “Repubblica” e i genitori, tutti e quattro, appartenenti a due diverse famiglie, sono tutti stati denunciati.
Probabilmente in seguito ad una crisi di pianto, ritenuta dai dottori la motivazione principale per fenomeni di questo tipo, i piccoli sarebbero stati scossi violentemente per rabbia dai loro genitori che speravano di interrompere bruscamente i versi emessi dai neonati. Lo scuotimento che subisce il piccolo è paragonabile al colpo di frusta che tendiamo a subire in auto quando siamo tamponati.
L’esempio è riportato dal direttore di Pediatria del Policlinico di Modena, Lorenzo Iughetti. Nei casi in cui i piccoli smettono di piangere, molto probabilmente è perché “sono andati in coma”. Tuttavia, non sicuramente a causa della buona riuscita del drastico gesto.
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Sindrome del bambino scosso a Modena, denunciati tutti i genitori: come riconoscerlo, fino a che età, conseguenze, cosa succede se ho scosso il neonato, in passeggino, statistiche in Italia
Conosciuta anche come Shaken baby syndrome, si manifesta con una serie di segni e sintomi dovuti al repentino e violento scossone che il piccolo subisce. Nella maggior parte dei casi il fenomeno viene provocato, volontariamente o per ignoranza, dagli stessi genitori. Questa è riconosciuta come una grave forma di maltrattamento nei confronti del neonato.
Applicare questo trattamento ai danni del piccolo può portare alla determinazione di gravissime lesioni cerebrali. Ove, nel peggiore dei casi, la vittima potrebbe finire in coma o addirittura morire tragicamente. Il caso è conosciuto in Italia in particolar modo dopo che nel 2019 una mamma aveva scosso la culla troppo violentemente, agitandola con la speranza che il figlioletto si addormentasse o quanto meno la smettesse di piangere.
Quando si manifesta il fenomeno

Sindrome del bambino scosso. Generalmente il fenomeno si manifesta entro i primi due, tre anni, ed in particolar modo nel primo mezzo anno di vita. Come per la culla, anche portare il piccolo in passeggino richiede un certo tipo di attenzione da parte del genitore. Scuotere violentemente il neonato può portare a danni irreversibili. Ovviamente niente da paragonare ai tentativi che il piccolo compie per apprendere la deambulazione, come specificato dal dottor Antonino Reale, responsabile di Pediatria dell’emergenza presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, intervistato da Fanpage.
I sintomi
Tra i segni più identificativi della sindrome vi è l’emorragia retinica che, a causa dello scuotimento, può portare a emorragie e distacchi. Tuttavia “è la punta dell’iceberg”, perché il problema principale è la casistica che aumenta e non solo. Anche l’ignoranza può essere un problema. Quando il bambino subisce lo scuotimento, le successive conseguenze potrebbe non essere riconosciute dal genitore e il piccolo potrebbe crescere con dei danni. Per questo il dottor Reale consiglia con fermezza la “prevenzione”.
Sindrome del bambino scosso. Il movimento brusco può determinare lesioni cerebrali in quanto il neonato non ha ancora i muscoli cervicali formati, di conseguenza lo scuotimento fa muovere liberamente il cervello all’interno del cranio, arrivando a provocare gonfiore e sanguinamento dei tessuti. In caso in cui, in seguito ad un fenomeno simile, il piccolo manifestasse vomito, mancanza di appetito di suzione o deglutizione nei giorni successivi, vorrà dire che il bimbo potrebbe aver riportato serie conseguenze.
Tra i sintomi della sindrome del bambino scosso, si evidenziano anche rigidità, postura non corretta e difficoltà a respirare. Inoltre, il piccolo potrebbe avere frequenti crisi di pianto difficili da fermare e un aspetto fisionomico differente del capo, disarmonico e sbilanciato rispetto alla conformazione generale del corpo. La media statistica, in Italia, dice che l’incidenza sia di 3 casi ogni 10mila bambini di età inferiore ad un anno. Sono numeri che, al momento, non fanno urlare ad un caso epidemiologico.