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Baby prostitute in “vendita”: indagato il manager, un compagno di classe. “Squillo per una borsa firmata”

Una storia già vissuta nel caso delle baby squillo dei Parioli che ha ispirato anche delle serie Tv come “Baby”, uscita in esclusiva su Netflix. Ci risiamo, e anche stavolta come allora, il copione è il medesimo: protagoniste delle ragazzine tra i 18 e i 20 anni, figlie di genitori benestanti, che si prostituivano per comprare accessori di lusso, borse griffate, vestiti costosi e rifarsi il guardaroba. Ad aiutarle e a gestire gli appuntamenti un ex compagno di classe e fidanzato di una delle quattro baby prostitute. Ora il “manager” è indagato per sfruttamento della prostituzione.

Vedi anche: Ragazzina minorenne costretta a prostituirsi dalla famiglia: la madre e la sorella organizzavano gli incontri

Baby squillo a Roma dopo il caso dei Parioli con Vanessa e Marianna: giovani prostitute gestite dal manager compagno di classe che organizzava appuntamenti con uomini facoltosi

Come riporta “Repubblica”, il tutto sarebbe nato per “gioco” e le ragazze, sul litorale romano, all’Infernetto e a Ostia, avrebbero deciso di “osare” per permettersi i lussi tanto bramati. Il giro d’affari messo in piedi alla fine è calcolabile in decine e decine di migliaia di euro. Il giovane manager organizzava gli incontri, forte delle sue profonde conoscenze tra professionisti e imprenditori, tutti sopra i 40 anni d’età. Gli incontri fruttavano almeno 400 euro a serata e nei migliori alberghi della “Roma bene”. Il giovane prenotava gli hotel e in alcuni casi ha offerto anche la propria abitazione per incontri clandestini.

Come nel caso scoppiato nel 2014, anche qui i genitori non si sono accorti di nulla. Si tratta di famiglie della media e piccola borghesia romana. Tra le quattro baby prostitute, una frequenta ancora la scuola superiore poiché ripetente. Il giovane manager è indagato, tuttavia non risulta alcun tipo di costrizione verso le quattro coetanee. Tutt’altro: sembrerebbe che fossero proprio le giovani baby squillo a spingere per l’idea, nata per gioco. Non si configurerebbe, dunque, alcun plagio o qualsiasi tipo di coercizione. Il giovane 20enne però riceveva metà dei proventi ed è proprio il cavillo in cui si configura il reato.

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