Shanti De Corte 23enne è morta in Belgio dopo aver chiesto e ottenuto di sottoporsi all’eutanasia.
Il 22 marzo del 2016 la ragazza ha assistito all’attentato dell’Isis all’aeroporto di Zaventem (Bruxelles): quella mattina insieme alla sua classe stava partendo per la gita scolastica a Roma, in tutto erano 90 studenti quando dei terroristi dell’Isis si sono fatti saltare in aria.
La ragazza usci indenne fisicamente ma riportò danni psicologici molto seri: vide morti per terra, urla, sangue e tantissimi feriti.
Soffriva di attacchi di panico e depressione che non le hanno dato tregua fino alla sua morte: ha tentato il suicidio due volte nel 2018 e nel 2020.
Così, nel 2022, ha deciso di chiedere l’eutanasia, legale in Belgio, e due neuropsichiatri hanno approvato la sua richiesta. La sua sofferenza è stata giudicata “insostenibile”, “senza più possibilità di sollievo”.
È stata la madre Marielle a raccontarlo alla tv fiamminga “Quel giorno Shanti si è spezzata non è mai più riuscita a ricostruirsi, non si sentiva in sicurezza da nessuna parte, non poteva sopportare di trovarsi in luoghi con altre persone, aveva continui attacchi di panico”
Shanti è morta il 7 maggio circondata dal calore della sua famiglia.
Il neurologo Paul Deltenre della clinica Brugman di Bruxelles ha contestato la decisione, secondo lui infatti avrebbero potuto essere messe in atto diverse cure per poter aiutare Shanti a risollevarsi, per questo potrebbe essere aperta un’inchiesta dalla procura di Bruxelles.
Per anni la ragazza aveva raccontato alla sua pagina social il suo malessere “Mi sveglio e prendo medicine a colazione, poi fino a 11 antidepressivi al giorno, senza non posso vivere” scriveva “Non riesco più a concentrarmi su niente, voglio solo morire” .
La ragazza ha lasciato anche l’ultimo messaggio prima di morire “È stata un vita di risate e lacrime, fino all’ultimo giorno. Ho amato e mi è stato concesso di sapere che cos’è il vero amore. Me ne vado in pace. Sappiate che già mi mancate”
Il Belgio è stato condannato la settimana scorsa dalla Corte europea per i diritti umani per “mancanze” nei controlli a posteriori delle procedure di eutanasia.