Nell’ultima intervista al Corriere, il figlio di Bud ha parlato del rapporto con Terence Hill fuori dal lavoro: “Non è come sembra, erano molto diversi”
Sono sette anni che Bud Spencer non c’è più, componente della celebre coppia di spaghetti western insieme all’eterna spalla Terence Hill: fuori dal set “non sapevano prendersi”. Questo è ciò che rivela Giuseppe Pedersoli al Corriere della Sera, il figlio del compianto attore. “Se era papà ad accompagnarmi a scuola, finiva che in classe non ci arrivavo mai. ‘Tanto che ci vai a fare?’ E mi portava in gita all’aeroporto dell’Urbe o alla scuola di aviazione di Foligno, al porto di Fiumicino o alla concessionaria Mercedes”. Ci sono carrellate di aneddoti nell’intervista rilasciata al noto quotidiano. Ogni tanto Giuseppe sa riportarci indietro con la mente, con i ricordi, ai tempi belli che furono. “Del lavoro di attore parlava poco, con distacco, come se ogni film potesse essere l’ultimo. E invece arrivò a 100”.
La coppia western lontana dal set: “Terence introverso, saranno usciti a cena insieme tre volte”
Bud faceva coppia fissa con Terence sul set, e nonostante tante interviste in cui ci venivano raccontate le grandi mangiate a casa Pedersoli, pare che il rapporto fuori dal lavoro non fosse così esplosivo tra i due. “Terence è buono e gentile, però molto introverso. E poi, quando non lavorava, viveva negli Stati Uniti. Saranno usciti a cena insieme tre volte in vita loro”. Dettagli inediti che erano comunque osservabili già a tutti. I più attenti ricorderanno la famosa intervista da Maurizio Costanzo, in cui la coppia esaltava la propria differenza di stili di vita, di passioni, di interessi. Quello che però non è mai mancato tra loro è il rispetto reciproco. Bud era un omone: “Un metro e 92 per 120 chili, poi saliti a 165. Da giovane era bellissimo, poi si è lasciato andare, ma aveva analisi perfette. Non dava affatto l’idea di un ciccione, piuttosto di un uomo molto forte”.
I pranzi a casa Pedersoli erano all’insegna di un abbondante piatto di pasta. Bud arrivava a mandare giù fino a due chili “di spaghetti, olio e pomodori”. Fu capace anche di condirli “con i cornflakes”. Tra gli aneddoti, risalta quello della famosa sera di Italia-Germania 4-3. Era insieme al produttore Italo Zingarelli, “180 chili pure lui”. A cena “si fecero fuori 60 polpette e non so quanti filetti di baccalà”. Appassionatissimo dell’aviazione, “dormiva perennemente con la radio accesa e collegata con il traffico aereo del posto”. Alcune follie sono indelebili nella memoria di Giuseppe: “Era capace di dire a mamma: ‘Non torno per pranzo’ e partire per una transvolata oceanica. Una volta bussarono alla porta due svedesi. ‘Suo marito è naufragato ma dice di non preoccuparsi, torna presto’. Riapparve dopo 4 giorni”.
Oggi, a sette anni di distanza, se ne sente la mancanza come se fosse ancora un dolore fresco.
“Puoi anche avere Superman come padre – ha concluso Giuseppe -, ma arriva il momento in cui lo vedi diventare fragile. Quando ha capito che non poteva più giocare, si è lasciato andare. Non c’è da sette anni però è come se si fosse ‘virtualizzato’. È ancora qui. Sentiamo il suo passo, il vocione, il profumo, una sera sì e una no lo vediamo in tv. Non era un santo o un divo, ma uno di famiglia. La sua ultima parola fu: ‘Grazie'”.