Giusto ieri vi abbiamo parlato dello sfogo di Claudio Amendola sulle tasse che ha pagato e continua a pagare allo Stato: nell’occasione della lunga intervista rilasciata al Messaggero, l’attore ha anche sviscerato il tema della pensione. Sia chiaro, Amendola è ancora un professionista attivo e non percepisce nulla al momento, ma il suo sfogo è in previsione futura, quando finalmente potrà godere dei soldi versati come contributi in tanti anni di lavoro. Quarantadue, per l’esattezza. Se per le tasse ha confessato di versare “più di metà dei guadagni”, compresi i periodi d’oro in cui riusciva a intascare ben “tre miliardi in una stagione televisiva”, per la pensione le cose peggiorano ulteriormente, se vogliamo. “Io guadagno e pago tutto a mio nome”, ha detto alle pagine del quotidiano con sede romana.

“Tanta gente molto più ricca di me lavora facendo intestare a tante società. E così a volte mi è sembrato strano e ‘simpatico’ pagare più tasse di certa gente”, eufemismi, sia chiaro. Non serve un traduttore, ovviamente: Amendola ha il dente avvelenato. E dopo aver dato lo spunto, ecco la confessione: “Dopo 42 anni di lavoro e decine di milioni di euro versati, fra due anni prenderò quattromila euro al mese. Se penso che ci sono certi manager che ne prendono ottantamila. Faccio un lavoro che so fare e non ho mai guardato il telefono. Ho sempre avuto un contratto da onorare. Adesso faccio anche la regia delle fiction televisive che interpreto”. Frase destinata a generare malcontento sui social. Voi che ne pensate?

Il resto dell’intervista

“Ho guadagnato tre miliardi in una sola stagione”

Se ve lo steste chiedendo, non è un’intervista dai contorni amorevoli: Claudio Amendola ha sviscerato il nudo e il crudo della vita ad oggi, nel mondo, in Italia, a Roma soprattutto. Ma è stanco di evidenziare i problemi che non vanno nella capitale: “Non ho più alcuna voglia di parlare di tutto quello che non va a Roma – ha detto al quotidiano proprio con sede nel capoluogo laziale – è un tema vecchio che non sembra avere soluzione”. Rassegnazione. E poi, andando nel dettaglio: “Se in un anno ho guadagnato tre miliardi, più della metà li ho versati felicemente in tasse”, così Claudio Amendola, ironizzando. Ed ancora:

“Quello che volevo dire è che io guadagno e pago tutto a mio nome. Tanta gente molto più ricca di me lavora facendo intestare a tante società. E così a volte mi è sembrato strano e ‘simpatico’ pagare più tasse di certa gente che viaggia su altri livelli”.

Non è sicuramente il primo artista a fare questo tipo di lamentela. Per non guardare troppo all’indietro, ci viene in mente la vittoria di Mazzoli a L’Isola dei famosi e le successive dichiarazioni, mirate proprio a porre il focus sull’eccessiva tassazione anche in caso di vincita del reality Mediaset. Amendola ha poi parlato della sua Roma, spiegando di essere stanco di evidenziarne le difficoltà e di ribadire la solita retorica velleitaria su ciò che andrebbe o non andrebbe fatto per migliorare la situazione, ma esistono responsabilità, che bisogna “sicuramente dividere al cinquanta per cento con chi ci vive”. Quindi la lamentela: “Non ne posso più di sentire quelli che si lamentano del traffico mentre parcheggiano in doppia fila. Basta!”.

“Guerra? Sogno che arrivino gli extraterrestri a salvarci”

Nell’intervista, il disagio è stato esteso su scala mondiale: c’è una guerra non più silenziosa, che sta tenendo il Pianeta con il fiato sospeso. “Mai avrei pensato quando avevo vent’anni di arrivare a sessanta e vivere una realtà di guerra come quella di oggi”, sostiene l’attore romano. Non ci sono mezzi termini, come sempre: “Mi fa schifo tutto: le follie dei politici, l’indifferenza della gente, il cinismo nauseante”. Poi una speranza, quasi infantile, ma poi neanche tanto di questi tempi, visti anche gli sviluppi di ricerche e le scoperte scientifiche sorte di recente: “Sogno che arrivino gli extraterrestri, i marziani”. La consapevolezza: “Ormai sappiamo che ci sono, e una volta per tutte ci dicano: ‘Voi terrestri siete proprio deficienti’. E si comportino di conseguenza”. Chissà, per ora, almeno loro, non pagano le tasse.

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