Monicelli e quella frase su Gassman, Tognazzi, Giannini… Un tempo la televisione era divulgazione, dibattiti culturali e racconto oggettivo di quello che avveniva nel Paese per valutarne gli effetti sulla società civile. Era quella che spesso e volentieri si indicava come televisione di qualità. In studio c’erano conduttori mai sopra le righe, colti, distinti e che prediligevano la gentilezza e i toni pacati. Tra i programmi più interessanti che probabilmente avrebbero meritato di essere portati avanti nel tempo c’era Match – Domande incrociate. Trasmesso sulle frequenze dell’allora Rete 2 con la conduzione di Alberto Arbasino che è stato un noto scrittore, giornalista, politico, poeta e critico teatrale.
Una sola edizione a partire dal 23 novembre del 1977,in onda intorno alle ore 21:35 del mercoledì sera. Gli appuntamenti erano complessivamente 10 e incentrati su bellissimi dibattiti a due tra importanti esponenti del cinema, della cultura, del giornalismo e di qualsiasi altro settore. Tra le puntate più appassionanti c’è stata quella in cui erano presenti Mario Monicelli, grande regista ed esponente della commedia italiana che già all’epoca aveva alle spalle ben 40 anni di cinema, e un giovanissimo Nanni Moretti reduce dal suo primo lavoro.
Pregi e difetti della commedia all’italiana
Alberto Arbasino, presentando i due ospiti, parla di Mario Monicelli come di grande decano della commedia all’italiana e di Nanni Moretti giovane regista 24enne e personaggio del momento il quale aveva appena sfornato il suo primo film, Io sono autarchico. Una pellicola realizzata con un budget di soli 3,5 milioni di lire come lo stesso Moretti evidenzia durante la trasmissione e nel quale recitarono letteralmente amiche e amici dello stesso regista. Nel corso della puntata viene ricordato come la commedia all’italiana che negli anni ‘70 era probabilmente nel periodo di massimo splendore, in realtà inizialmente veniva vista come una sorta di “vergogna” dell’arte cinematografica nostrana. Progressivamente il genere venne riscoperto tant’è che lo stesso conduttore parla del successo postumo di Totò nelle giovani generazioni dell’epoca.
Evidentemente Mario Monicelli e Nanni Moretti avevano due concezioni abbastanza differenti di fare cinema anche perché arrivavano da generazioni diverse. Lo scontro dialettico tra i due si mantiene sempre garbato. Ad un certo punto, però, il buon Monicelli messo davanti ad alcune critiche mosse al modo di concepire la commedia, ricorda a Moretti che in realtà quella sua pellicola, Io sono autarchico, altro non era se non una commedia all’italiana. Poi si dibatte del perché nei film di commedia debbano essere sempre presenti grandi nomi come Alberto Sordi oppure Monica Vitti. Moretti parla di alcuni buoni prodotti di cinema americano e soprattutto dell’astro nascente di Robert De Niro, da lui considerato come il miglior attore del mondo.
Monicelli su Tognazzi, Gassman e Giannini
Monicelli dal proprio canto, ammette di apprezzare De Niro ma al tempo stesso rimarca la qualità degli attori italiani sottolineando “Se i Tognazzi, i Gassman o i Giannini venissero dall’America noi ci butteremo per terra come chissà che”. Inoltre, si parla del possibile ruolo della commedia all’italiana come arte in grado di influenzare. Arbasino chiede a Monicelli se quella vocazione di dipingere i vizi e i difetti degli italiani alla fine non abbia creato un compiacimento e una voglia di emulazione. Monicelli non era d’accordo sottolineando “Allora non bisognerebbe mai fare satira”. Un dibattito molto interessante che può essere rivisto cercando nell’archivio online della Rai.