Sei anni fa moriva il mitico Paolo Villaggio: in un’intervista rilasciata a Repubblica, l’attrice Anna Mazzamauro ricorda i tempi di quando “non” erano amici
Anna Mazzamauro oggi ha 84 anni ma è sempre in forma smagliante, non potrebbe essere altrimenti per la celebre interprete della signorina Silvani, la donna che faceva diventare pazzo Fantozzi, interpretato dal compianto Paolo Villaggio: “Non siamo mai stati amici”, ha tuonato l’attrice. Lo ha fatto nell’intervista rilasciata a Repubblica, ripercorrendo alcune fasi salienti della carriera e dell’esperienza lavorativa condivisa con il collega. La saga “la odio e la amo”, dice, ma non sono parole nuove, le conosciamo già. “La possibilità di considerare le donne str*nze esiste – spiega, parlando del fatto che il personaggio l’ha segnata a vita – ce ne sono, specie nel nostro ambiente. La Silvani per me è una sorta di sorella brutta, o la bella di cui io sono la sorella brutta. C’è una confusione di stati d’animo”.
Il rapporto con Paolo Villaggio

Parlando approfonditamente della persona, prima che del personaggio interpretato davanti alla macchina da presa, ricorda che il collega era “ironico, uno splendido compagno di viaggio”. Poteva apparire burbero, ma sul set “si preoccupava quando Salce girava le nostre scene”. Diceva al regista: “Hai ripreso bene Anna?”. Ma, fuori dal set, nessuna pietà, per parafrasare una parte di un memorabile pezzo della canzone italiana: “Frequento solo attori ricchi e famosi”, gli diceva lui. Chi lo conosce, può dedurre che si trattava probabilmente di una risposta data nel suo solito tono serio e severo e probabilmente è così. “Oggi gli avrei detto: ‘Ma vaff…’, allora, rispettosa, ho taciuto”.

Tuttavia, questa “mancanza di amicizia” ammette di averla sofferta a lungo. “Sembravamo due attori della commedia dell’arte, inventavamo… Era bello. Che poi alla fine sbagliavo perché passare le giornate insieme è amicizia. Ma io la intendevo in altro modo”. La gelosia: “Lo vedevo frequentare Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, forse soffrivo un po’ di invidia: perché loro sì e io no?”.
Continua a leggere su Chronist.it