Il film è Totò contro Maciste e l’anno il 1962. In Italia e nel mondo sta ottenendo uno straordinario successo il genere Peplum ossia un sottogenere dei film storici in costume. Sono delle pellicole ambientate in contesti biblici oppure in civiltà che fanno riferimento all’Antica Grecia e alla Roma Imperiale e Repubblicana, con elementi spesso leggendari e fantasiosi. In Italia c’è un vero e proprio filone dedicato a questo genere che ha inizio del 1914 con la prima pellicola intitolata Cabiria peraltro considerata dagli storici e dagli esperti come il più grande colossal nonché famoso film muto della storia nostrana. Nel 1962, invece, il regista Fernando Cerchio con una sceneggiatura scritta da Ugo Liberatore, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi e Gastone da Venezia, decise di proporre ai botteghini una chiave comica di questo genere cinematografico ottenendo peraltro un ottimo successo di pubblico. La pellicola, inoltre, come tante altre che ha visto protagonista Totò, è stata ampiamente rivalutata negli anni e anzi propone degli sketch da studiare per qualità delle battute e tempi scenici. 

“Abbiamo i geroglifici più piccoli di quelli di Peppino del Cairo”

Siamo a Tebe al tempo degli antichi egizi. In particolare ci troviamo in un locale (nelle battute del film si parla di Night Club) nel quale la gente va per divertirsi mangiando e bevendo pietanze dell’epoca e soprattutto per ammirare esibizioni di danza e prove di grande forza come nel caso di Totokamen (Totò). Quello era un momento in cui ‘andavano di moda’ i forzuti come Maciste ed Ercole. Totokamen, insieme al proprio compagno di merende Tarantenkamen (Nino Taranto), va in giro per l’Egitto proponendo uno spettacolo in cui effettua delle incredibili prove di forza (sono tutti trucchi creati ad arte) professando di essere il figlio del dio Ammone. Quella è una serata speciale nel Night Club perché il proprietario del locale (Luigi Pavese) accoglie il Gran Dignitario (Nino Marchetti) che peraltro è anche il braccio destro del faraone Ramsis (Nerio Bernardi).

Ad un certo punto si sentono delle grida dai camerini. Sono Totokamen e Tarantenkamen che inveiscono contro l’impresario reo di aver inserito nella locandina della serata il loro nome con un carattere troppo piccolo. Arriva il proprietario di gran carriera: “Chi si permette di urlare?” mentre Totokamen prova a fare la voce grossa: “Sono io e ne ho ben donde! Qui si abusa e si stra-abusa!”. Il proprietario chiede: “Cosa è successo?” mentre Totokamen e Tarantenkamen indicano la locandina “Guarda, il nostro nome sulla locandina ha i geroglifici più piccoli di quelli di Peppino del Cairo!”. Il proprietario cerca di giustificarsi: “Ma Peppino del Cairo è un urlatore!” e Totokamen replica: “E io cosa sono, perché sto parlando sottovoce?! Che si crede che non so urlare? Blu e le mille bolle blu..(cantando e urlando)” e contemporaneamente Tarantenkamen: “E 24 mila baci…(cantando e urlando)”. Alla fine il proprietario li rimette in riga minacciandoli di sbatterli fuori dal locale. Insomma, una pellicola piena di sketch molto divertenti, privi di volgarità e con battute assolutamente geniali e mai banali. Un film assolutamente da rivedere per apprezzare la qualità di un lavoro eseguito con un budget molto limitato ma con grande creatività e talento artistico.

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