“Ultimamente ho passato circa tre mesi nel mio quartiere a visitare malati terminali che chiedevano di incontrarmi per ringraziarmi perché gli avevo fatto compagnia nella terapia del dolore, durante i momenti difficili” così Carlo Verdone a Giancarlo Dotto nella puntata del 22 novembre 2019 a “Indovina chi viene a cena“, dove ha raccontato un episodio relativo a una donna malata terminale.
“Questa è stata una cosa…Ho detto di sì a una signora” di nome Stella, la quale chiese un grande favore. “Mi dice ‘mia sorella vorrebbe dirle grazie, le restano pochi giorni’. Ero un po’ sconcertato” diceva Verdone raccontando al giornalista ospite a casa di Carlo. Così “sono andato e abbiamo parlato e quello che doveva essere un incontro di venti minuti è durato due ore“.
“Mi ero dimenticato fosse malata, abbiamo parlato di tutto: del più e del meno. Abbiamo trovato punti in comune e agganci nei quali ci siamo trovati insieme. Alla fine mi ha detto ‘grazie, lei ancora oggi non mi ha fatto ricordare il dolore con questa bella chiacchierata. Mi torni a trovare’“.

Verdone e l’incontro con la donna malata terminale: “uno riceve tanti premi ma questi sono i più belli“
Quell’incontro è stato “uno dei più belli” della vita di Carlo. La donna morì “una decina di giorno dopo questo incontro. Non sono riuscito a ritrovarla perché è andata via. Però sono uscito da quella casa con il sorriso, mi sono detto: ‘vedi? Si ricevono tanti premi ma questi sono i più belli. Quando tu sei utile a una persona’. Quando qualcuno ti dice ‘grazie per avermi fatto compagnia durante la terapia del dolore'”. Poi cos’è successo? “Poi s’è sparsa la voce e in ogni casa c’era un malato“.
Ancora Carlo Verdone sull’incontro con la donna malata terminale: “sembravamo due vecchi amici. Mi sono sentito utile in una situazione estrema. Ho capito quanto può essere importante il nostro lavoro“. Di recente, durante il riconoscimento del ricevimento della laurea honoris causa a Napoli, ha detto di essere come “un antidepressivo“.
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“Non sono ipocondriaco, la medicina è solo una mia passione. Sono gli altri che mi cercano. Quando mi chiamano, io, come il medico di ‘Viaggi di Nozze’, rispondo: ‘no, non mi disturbi affatto…’. Il mio è solo un messaggio per dire che chiunque ce la può fare. L’età? Ho smesso di fare il tifo per me stesso“

La sua intimità con la malattia altrui non gli “ritornava nella testa come un boomerang? “. Così come domandava Giancarlo Dotto nell’intervista. Risposta: “Ma no, si dice che io sia ipocondriaco ma non lo sono mai stato. Ho avuto un periodo iniziale della mia carriera in cui ho avuto attacchi di panico ma ne sono uscito. Era un messaggio per far capire che si può uscire“.
Secondo Carlo “il farmaco aiuta ma serve il cervello, il tuo coraggio. Devi trovare la forza di far uscire il coraggio e metterti alla prova, in prove molto difficili. Se superi quelle prove il panico si sfianca e se ne va“. Per Carlo è solo una passione: “la gente confonde la mia passione con il timore delle malattie”.
“Io non rompo a nessuno, sono gli altri che mi chiamano e io, come il medico di ‘Viaggi di Nozze‘, rispondo sempre: ‘no, non mi disturbi affatto’. Però anche se ho una laurea honoris causa alla Federico II non sono un medico. Infatti consiglio sempre di consultare il medico“.
Il tempo che passa, l’invecchiamento, gli acciacchi. Tutto ciò come lo vive Verdone? “Bisogna seguire il destino senza puntare troppo i piedi. Se ti opponi vieni trascinato ed è brutto. Se lo segui è meglio. In un’età matura come la mia a un certo punto cessi di fare il tifo per te stesso, per i tuoi film…Ormai diventi tifoso dei tuoi figli, fai il tifo per loro. Ogni loro soddisfazione corrisponde a cento mie soddisfazioni personali“.