Il 23 marzo di 100 anni fa nasceva Ugo Tognazzi a Cremona. Considerato uno dei volti più importanti della commedia all’italiana, Ugo è stato un attore e un regista, poi ancora comico e sceneggiatore. Alcune sue interpretazioni drammatiche restano scolpite nella memoria della cinematografia italiana.

Un artista poliedrico del Nord, “ricco, anarchico, coraggioso” come ha raccontato Maria Sole, sua figlia, nel Festival del Cinema di Roma presentando il documentario “Ritratto di mio padre“. Pieno di voglia di vivere e di passioni che hanno dato luogo a iniziative storiche e memorabili di un’Italia che probabilmente non esiste davvero più (il Villaggio Tognazzi a Torvaianica, Pomezia).

Insieme a Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Mariangela Melato, Monica Vitti, Alberto Sordi (col quale non aveva un gran rapporto per differenze caratteriali, pur amandolo per le risate che gli faceva fare) e Nino Manfredi (col quale il rapporto non era decisamente d’amore e d’accordo, anzi), era uno dei volti più noti della commedia, e non solo, quasi fino agli anni Novanta, tra i protagonisti assoluti prevalentemente negli anni Sessanta e Settanta.

Ugo Tognazzi: gli inizi, gli esordi e il successo

Catherine Spaak e Ugo in “La voglia matta” del 1962

Ugo era figlio di Gildo Tognazzi, un ispettore che faceva capo a una società di assicurazioni. Il lavoro del papà costringeva Ugo a trasferirsi di città in città fin quando nel 1936 tornò a Cremona con tutta la famiglia. L’attività lavorativa per il piccolo Ugo cominciava già a quattordici anni in una fabbrica di salumi (la Negroni, per la quale si esibì molti anni dopo come testimonial televisivo pubblicitario del noto marchio). Nonostante la giovane età aveva subito le idee chiare. La recitazione in una filodrammatica del dopolavoro aziendale era il suo “hobby” nel tempo libero.

Durante la Seconda Guerra Mondiale venne chiamato alle armi, tuttavia fece ritorno a Cremona successivamente per iniziare a lavorare come archivista. Un lavoro che non lo stimolava però come il teatro. Ed è proprio col palcoscenico che il legame si fortificava, partendo già col piede giusto quando debuttò a soli quattro anni al Donizetti di Bergamo.

Il teatro era parte di lui e fu una passione che non lo abbandonò mai. Compreso il periodo del servizio militare dove era solito organizzare spettacoli di varietà. Nel 1945 si trasferì a Milano dove partecipò a una serata per dilettanti al Teatro Puccini e venne scelto per la compagnia di Wanda Osiris.

Gli anni Cinquanta segnavano il punto di svolta per Ugo che conobbe Raimondo Vianello col quale formò una coppia comica che fece presto a divenire il cavallo di battaglia del varietà “Un due, tre“. Nonostante la fama e il successo vennero poi allontanati per la gag sul Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, caduto dalla sedia mentre si svolgeva uno spettacolo al Teatro dell’Opera a Roma.

Gli anni Cinquanta segnavano anche l’esordio al cinema per Ugo con “I cadetti di Guascogna“. Tanti i film, ormai Ugo Nazionale era lanciatissimo. Nel 1961 recitò con successo nel film “Il federale” e battezzò anche l’esordio alla regia col film “Il mantenuto“. Il legame professionale con Vianello iniziò nel 1954 e si interruppe nel 1962, dopo sei anni (dal ’54 al ’60) in cui come coppia si esibivano nella neonata Rai Tv. La carriera di Ugo ebbe uno slancio ulteriore e decise così di andare avanti in solitaria pur tenendo forte il legame con Raimondo.

Iniziò a lavorare con registi come Marco Ferreri, Dino Risi e Bernardo Bertolucci, quest’ultimo più in là. Si cimentò con grande successo anche in ruoli insoliti per lui come quelli drammatici. Tra questi immancabile la citazione del film del 1981 “La tragedia di un uomo ridicolo“. Pellicola che gli valse la Palma d’oro come migliore attore al Festival di Cannes.

Tuttavia nel mezzo sono tanti i film celebri come “La grande abbuffata” con Marco Ferreri del 1973 o la serie fortunata di Amici miei per la regia di Mario Monicelli nei primi due film e di Nanni Loy nel terzo. “Romanzo popolare” ancora di Monicelli e “La marcia su Roma” di Dino Risi. Senza dimenticare “Questa specie di amore” del 1972 con Alberto Bevilacqua in regia. Ma poi in bacheca ben 150 film con quattro Nastro d’Argento e tre David di Donatello.

La sua passione culinaria lo spinse a pubblicare un libro di ricette intitolato “L’Abbuffone“, edito da Rizzoli. Veniva spesso invitato come consigliere gastronomico in numerosi rotocalchi femminili.

Ugo in Amici miei

Vedi anche: AMICI MIEI ATTO II, UNA TARGA PER I 40 ANNI DEL FILM. L’EVENTO SI TERRÀ IL 19 MARZO

Ugo Tognazzi e il patrimonio in eredità ai figli

I fratelli Tognazzi si sono riuniti su Zoom parlando al Corriere per ricordare il papà che è stato omaggiato col documentario a lui dedicato andato in onda in prima serata su Rai 2 il 17 marzo: “La voglia matta di vivere“, scritto e diretto da Ricky e coprodotto da Rai Documentari, con Ruvido Produzioni, Dean Film poi Surf Film e Mact. Con Ricky su Zoom presenti anche Thomas, Gianmarco e Maria Sole.

Tutti loro hanno imitato la carriera del padre. Probabilmente il patrimonio più grande per Ricky, Gianmarco, Thomas e Maria Sole. Infatti Ricky, Gianmarco e in piccola parte Thomas sono attori; lo stesso Ricky, Maria Sole e un po’ anche Thomas sono pure registi; Thomas, che vive in Norvegia e si gode il successo de “La persona peggiore del mondo“, film norvegese da lui prodotto, in lizza per l’Oscar, è anche un produttore.

Quello andato in onda pochi giorni fa su Rai 2 non è l’unico documentario che i figli hanno dedicato al papà. Anche la cocca di papà, Maria Sole, ha girato “Ritratto di mio padre” nel 2000. Esattamente dieci anni dopo la prematura scomparsa del grande Ugo, avvenuta nel 1990 quando Maria Sole aveva solo 19 anni.

Ugo Tognazzi e la malattia della depressione, la causa della morte e i funerali

La famiglia Tognazzi

Un periodo, quello premorte, che diede forma a una versione diversa, anzi opposta, dell’Ugo energico e passionale che conosciamo: una versione sopraffatta dal brutto male della depressione. Alberto Sordi ricordando, il buon Ugo Tognazzi, a IoDonna disse “mi colpì molto” vederlo così. Era di ritorno in aereo insieme a lui con Gassman e Manfredi, dopo aver ottenuto una premiazione al Festival di Taormina. Ugo aveva “la testa tra le nuvole” e sembrava come bloccarsi “a metà tra la depressione e la malinconia“.

Al Corriere Ricky ha detto che fu strano vedere un uomo pieno di vita, di passioni “energico, iperattivo, che al mattino presto leggeva i giornali e le sceneggiature” e contemporaneamente “dava le indicazioni sui carciofi da cogliere“, che si ritrovava a “non aver voglia di far nulla”. A Ugo “gli venne la depressione” e “pensava di aver sbagliato tutto“. Rinunciava anche alla sua passione più grande: il cibo “non aveva manco fame“.

Ugo era giù per il pensiero relativo al fatto che secondo lui “il cinema gli avesse voltato le spalle“. Era tuttavia “fisiologico” visto che dagli anni “Sessanta ai Novanta c’erano solo lui, Mastroianni, Gassman, Manfredi e Sordi“. Prima di morire aveva mal digerito la mancata realizzazione del film “Il viaggio di G. Mastorna“. Per la parte era stato più volte chiamato da Federico Fellini. Cercò anche di tornare in pista a teatro tra il 1987 e il 1989, ma neanche il tempo di provarci che il 27 ottobre del 1990 ci ha lasciati.

Qualche anno fa ad Avvenire, il figlio Thomas disse che quando Ugo se ne andò “avevo 26 anni“. Proseguì dicendo “era depresso” e lo faceva sembrare “più vecchio della sua età“. Sebbene Thomas in gioventù fosse convinto “che sarebbe vissuto molto più a lungo” improvvisamente “ebbi paura di venire a sapere che fosse morto attraverso un giornale“. Un giorno il fratello maggiore Ricky lo chiamò per fargli prendere “il primo aereo” disponibile perché “papà era grave“. Il viaggio fu lungo “durò 10 ore” ma “quando ero arrivato era troppo tardi“.

Maria Sole ha vissuto fianco a fianco con Ugo i difficili anni Ottanta della depressione dell’artista. Nel documentario “Ritratto di mio padre” ha detto che gli anni in questione furono malinconici, all’insegna della tristezza. Un racconto che ha fatto a metà “forse perché li ho vissuti” dunque ha preferito non ricordarli appieno. “Ero in casa con lui” raccontava in passato e “lo ricordo piangere fissando un quadro“. Ugo per sua figlia era “un ragazzino che non voleva crescere“, tuttavia diventando “adulto ha iniziato a spegnersi“.

Una morte giunta per emorragia cerebrale durante il sonno a soli 68 anni, il 27 ottobre del 1990. I funerali si tennero tre giorni dopo alla Chiesa di Santa Maria di Montesanto a piazza del Popolo. Tra applausi e commozione la bara fu accompagnata lentamente verso Via del Corso in direzione della sua Velletri, dove fu sepolto.

Che papà era Ugo? L’empatia, le gaffe e l’egocentrismo

Ugo e Gianmarco Tognazzi

Ugo Tognazzi era un “ugoista” come lo definiscono da sempre i suoi figli. Sebbene fosse “un padre imperfetto” il suo modo di essere egocentrico (“mai visto non tenere un banco“, dice Ricky via Zoom al Corriere) lo rendeva al tempo stesso “il migliore dei padri possibili“.

Il ricordo è fresco, vivace, allegro. Come fosse accaduto ieri eppure di tempo ne è passato da quando Ugo non c’è più. Chissà se senza quell’emorragia oggi avrebbe davvero potuto festeggiare il suo secolo di vita. Tra le migliori armi l’empatia. Un uomo “magnetico” che però era “aperto” e restava “trasparente” come ricorda il figlio Gianmarco. Anche nelle “gaffe ed errori” era sempre in “buona fede” e da “accentratore” quale era riusciva in realtà in quel modo a “favorire l’apertura degli altri“.

Un punto non in comune tra i fratelli è relativo alla timidezza, tema aperto da Gianmarco. Una parte di Ugo che non trova completamente d’accordo tutti e quattro. Secondo Maria Sole non era affatto un timido, tuttavia per Gianmarco e Ricky lo era quando lo si provocava intimamente con abbracci o scavando nei sentimentalismi.

Ha ragione Gianmarco“, dice Ricky “nei suoi sentimenti Ugo era timido“. Non teneva particolarmente agli abbracci anzi “raramente abbracciava noi e Franca“, la moglie di Ugo. Gianmarco non ha avuto sempre un rapporto felice col padre, anzi in adolescenza gli scontri furono molti.

Gianmarco era convinto fosse meno amato rispetto a quando era un bambino. Tuttavia lui stesso era “pesante nelle provocazioni, lo riconosco“. Tutto è bene ciò che finisce bene però, e infatti “sono contento di aver risolto tutte le cose in sospeso nell’ultimo anno della sua vita“.

Per una battuta era capace di rompere un’amicizia“. Il legame con Sordi, il poco “amore” verso Manfredi e la lite con Elio Petri

Ugo e Ricky Tognazzi

Tra gli aneddoti curiosi del grande artista compianto e omaggiato, Ricky racconta di quella volta con “un’attrice americana” la quale disse a Ugo di ricordarlo in un film intitolato “come soldier, soldato“. Ugo restò di sasso perché si trattava in realtà del suo non amato collega Manfredi.

Tuttavia per non alimentare imbarazzo “fece finta di nulla“. Rivelò a Ricky che se avesse avuto qualche possibilità “di portarmela a letto” poi “dovevo per forza tacere“. Come abbiamo detto con Nino Manfredi non c’era un bel feeling. Era una cosa risaputa al tempo, tuttavia Gianmarco ammette di saperne poco o nulla in merito.

Al contrario Ricky ha aggiunto che il malcontento esisteva dal momento che nei film di Manfredi, Ugo era presente sempre in ruoli minori. Tuttavia una volta per “il suo ultimo film da regista, I viaggiatori della sera“, Ugo chiese la partecipazione di Manfredi in una piccola parte che però “rifiutò, e Ugo se la legò al dito. Ci soffrì molto“.

Il film “Per grazia ricevuta” da regista di Manfredi ebbe un enorme successo che in parte aumentò l’astio di Ugo “non era per niente contento…”. Tra i rapporti con i big del tempo, come abbiamo visto con Sordi non c’era un legame particolare “si frequentavano molto poco“, probabilmente per la netta differenza caratteriale tra i due artisti. Tuttavia il ricordo è piacevole. “Ugo aveva una stima e un affetto esagerati per Albertone” che “lo faceva ridere come pochi altri“.

Sicuramente parliamo di un uomo da un carattere unico che poteva portarlo facilmente a grandi litigi o scatti d’ira passando da imprevedibili dimostrazioni di affetto. Era campione in tutto “anche in questo“. Per una battuta era capace di “rompere un’amicizia“.

Ne seppe qualcosa Elio Petri, regista romano, anzi come dice Ricky “romanissimo” che era “a casa nostra“. Si parlava di politica e Elio disse “sei di sinistra sì” perché abitava “di fronte alla sede del PCI” dunque così “era facile“. Per giunta “se avesse abitato di fronte a un bar” sarebbe stato “un campione di biliardo“.

Non l’avesse mai detto! “Se la prese da matti“. Avvocati, mogli “tutti a mediare” tuttavia “si riconciliarono” anche se “dopo tantissimo tempo“. Ricky ha ricordato il film per la regia di Nanni Loy, Un padre di famiglia. Per l’occasione Ugo “sostituì Totò che aveva avuto un infarto“. Tognazzi era nel ruolo del padre anarchico deluso, con una mano amputata e ogni volta che passava davanti alla spiaggia per andare a lavorare sperava “che ci fosse il mare mosso e quindi la bandiera rossa per poter alzare il pugno in aria felice“.

Gli aneddoti sui corteggiamenti del farfallone Ugo e i primi fidanzamenti dei suoi figli

Tra gli aneddoti tornati in vita ce n’è uno stavolta raccontato da Gianmarco. Un’altra attrice da corteggiare, stavolta però era un campo difficile “lui parlava poco inglese“. Infatti quando lei cominciò a dire in continuazione “you, go!” come per dire “e vatteneeee“, il povero Ugo comprendeva “Iugo“, ipotizzando che stesse ripetendo il suo nome con pronuncia inglese.

Ugo era un donnaiolo e la sua storia privata lo racconta bene. Tra gli aneddoti più curiosi quelli relativi agli amori sì, ma dei suoi figli. La prima ragazza di Gianmarco per esempio “era una bella ragazza alta 1,75“. I due erano innamoratissimi, insieme da due anni, una relazione perfetta “non un capriccio“.

Tuttavia per Ugo era un mistero il perché una donna così bella stesse con suo figlio al tempo “grassoccio: mangiavo tantissimo“. Così non solo arrivò a farlo presente alla donna in questione ponendole la domanda diretta, ma si propose personalmente. “Avresti bisogno di un uomo più maturo“.

Invece Maria Sole, la cocca di papà “perché avevo tutti 10” a scuola, racconta l’aneddoto legato al suo primo amore, Giorgioun argentino bellissimo“. Giorgio era “un modello” e forse “capii dopo che era stato pagato da Gianmarco” per fidanzarsi con lei. “Eravamo in Sardegna” e decise di portarlo a cena, quasi a esibirlo “come un trofeo“.

Ugo si interessò al tipo guardandolo “con una strana curiosità“. Maria Sole ha chiuso in merito: chissà “forse a pagarlo era stato lui“. Thomas era invece il cocco di papà nelle cene perché conosceva “alla perfezione tutte le formazioni delle squadre europee“, dice Ricky.

Ugo Tognazzi aveva figli illegittimi per il codice civile del tempo.

Gli amori e la famiglia allargata, il ricordo dei figli: “un padre moderno e allo stesso tempo tradizionalista

Ugo Tognazzi con tre dei suoi quattro figli e la moglie Franca Bettoja

Gianmarco analizza con profondità la passione di Ugo verso la cucina e il suo atteggiamento nella vita in generale. “Voleva rifondare la cucina” col tentativo di superare “quella che si faceva in quel momento” ma tenendo stretta “la tradizione“. Un connubio straordinario che lo hanno reso al contempo “moderno e tradizionalista“.

Dalle “antiche ricette dell’Artusi” all’orto “nel giardino di casa“. E di qui l’allaccio alla famiglia: ha fatto così anche in questo. “Era avanti di vent’anni, forse la nostra è stata la prima famiglia allargata“. Tuttavia le feste di Natale erano sacre e tutti erano invitati, comprese le sue mogli “e noi, figli di tre madri diverse“. Non c’era niente di “finto, ci tenevamo tutti, stavamo bene insieme in quei Natali“. Dunque “innovazione e tradizione insieme“.

Inutile attendere ancora, approfondiamo la situazione sentimentale di Ugo. Al tempo il buon Tognazzi dava il giusto pane tra i denti per le cronache rosa. Diciamo che non si faceva mancare la passione per eccellenza: l’amore. Si inizia con la relazione con la ballerina britannica Pat O’Hara dalla quale nasce Ricky nel 1955, il figlio maggiore di Ugo. Al tempo un figlio concepito al di fuori del matrimonio per il codice civile era illegittimo.

La riforma del diritto di famiglia che ha abbandonato questa definizione è del 1975“, disse anni fa Ricky. Dunque “siamo tutti illegittimi” poiché “nati da genitori non sposati“. Solo Thomas è nato dalle nozze tra Ugo e Margarete, “anche se quel matrimonio fu celebrato in Svizzera con rito messicano“.

Proseguendo con il mattatore Ugo, prima di impegnarsi in una relazione seria si concede qualche flirt “di passaggio” con le belle attrici francesi Helène Chanel e poi Caprice Chantal. Nel 1963 sposa appunto l’attrice norvegese Margarete Robsham con la quale ha il suo secondo figlio l’anno seguente, Thomas. Infine è l’attrice Franca Bettoja a supportare per oltre trenta anni l’attore crescendo Ricky, ospitando Thomas e dando alla luce Gianmarco nel 1967 e quattro anni dopo Maria Sole. Si sposano nel 1972.

La relazione più lunga è con Franca Bettoja, oggi 85 anni. Una donna che non solo supporta ma sopporta tanto di Ugo “con lei ha fatto cose non da gentleman” tuttavia “lo ha sempre perdonato e accolto” con garbo, facendo sì che le “scivolate ‘ugoistiche’ non compromettessero gli equilibri” di una famiglia già “difficile come la nostra“.

Il ruolo di Franca per Ugo è determinante. Solo “grazie a lei” comprende l’importanza della famiglia. Il ricordo di Ricky è commosso, così Maria Sole sopraggiungendo dice “avevano un rapporto speciale e personalissimo“. Sebbene magari si fossero “tirati i quadri addosso” tuttavia “papà è morto tra le braccia di Franca“.

Quella volta che fu malmenato in Norvegia dopo aver tentato di fuggire dalla moglie con il piccolo Thomas

Un aneddoto su Thomas descrive molto bene quello che era Ugo. Non amava rompere i legami familiari sebbene nella vita fosse un po’ farfallone, come si suol dire. Nella relazione con la Robsham avevano una casa comprata da Ugo e vivevano nell’isola con Thomas.

Tuttavia quando si lasciarono lui ebbe “uno scatto disperato“, dice Ricky. Improvvisamente prese il bambino con sé per fuggire insieme verso i boschi con l’idea di “portarselo a Roma“. Tuttavia “finisce che gli zii di Thomas lo bloccano, lo menano e lo rispediscono in Italia“, ovviamente “senza Thomas“.

Il protagonista della vicenda, Thomas, dice di non averne mai discusso con il padre tuttavia “credo lui abbia agito d’istinto“. Un gesto che dà luce nella mente di Thomas al pensiero relativo alla figura maschile. “Un qualcosa che magari tendiamo a sottovalutare” poiché spesso “si ritengono i padri più distanti dai bambini“. Thomas ha ricordato anche che quando anni dopo “venni in Italia da solo con l’unica mia figlia che Ugo ha conosciuto“, il celebre attore rimase “stupito che me la cavassi bene con lei“.

Ugo Tognazzi e la cucina

Tra le passioni più grandi di Ugo Tognazzi immancabile l’amore per la cucina. Cucinava per tutti, ogni volta che aveva un momento libero. Non solo la famiglia, anche gli amici. Ogni anno si faceva “il torneo Uomo in Cucina” ha detto Ricky. “Un’estate vinsi io” con un “risotto alla zucca“, Ugo reagì con enorme gioia “lo vidi davvero felice e orgoglioso“.

Tuttavia l’anno seguente, nonostante fosse in arrivo una doppietta per Ricky, “brigò finché convinse la giuria a non farmi vincere“. Il motivo? “troppa gloria” vincere “per due anni di seguito“, meglio evitare altrimenti “poi dicono che c’è il mio zampino“.

In merito alla passione culinaria, Thomas racconta di quando il padre gli regalò uno dei suoi libri di cucina sul quale apportò una dedica. “Caro Thomas, mi raccomando di copiarmi solo in questo“, un modo come un altro per dirgli di non diventare attore. “Gli ho obbedito” anche se “qualche ruolo l’ho fatto“.

Ironia della sorte oggi Thomas è vegano dopo aver iniziato un percorso da vegetariano che Ugo verificò di persona. Tuttavia “lui mi rispettava“. E giù di un altro aneddoto: “quando non mangiavo più carne” Ugo disse che comprendeva la scelta e che “anche lui aveva cominciato a mangiare meno carne“. Ovviamente “cosa assolutamente non vera“.

Tra i quattro fratelli è Ricky a detenere il riconoscimento a “chef di famiglia“, lo ammettono Gianmarco e Maria Sole che aggiunge “io sono una buongustaia“. Sebbene negli anni “ho scoperto di avere un palato sopraffino” che l’ha portata alla conoscenza di “vari chef” scoprendo “Niko Romito prima che Niko Romito scoprisse sé stesso“, dice “io non so affatto cucinare“. Ricky però non è d’accordo “fai cose buonissime” il problema è solo che si tratta di “porzioni alla francese” infatti “non c’è mai un avanzo a casa tua“.

La casa di Velletri di Ugo Tognazzi, oggi museo

La casa di Velletri di Ugo Tognazzi, oggi “Casa della Memoria”

Per provare a superare il momento della depressione Ugo si dedicò completamente alla sua grande passione della cucina e si stabilì con Franca nella dimora di Velletri. La stessa casa che oggi è un museo da visitare, grazie all’Associazione Culturale Ugo Tognazzi, nominato “Casa Vecchia“, rendendo omaggio al grande artista che la chiamava in questo modo e nella quale si riuniva spesso con gli amici, come ha spiegato tempo fa Gianmarco.

La Tenuta dove c’è la casa è stata acquistata negli anni Sessanta dall’artista e ci ha vissuto sino all’ultimo dei suoi giorni. Nella Tenuta Tognazza, dove si trova la casa museo, la famiglia mantiene la propria residenza. La casa ha un vasto soggiorno che si sviluppa attorno al camino, c’è un intero vano dedicato al biliardo e una sala proiezioni. Ricolma di arredi e ricordi in memoria dell’attore.

Il fabbricato si trova in Via Colle Ottone Basso al civico 88 in provincia di Roma, tra le campagne di Velletri. La casa è stata spesso scenario di grandi presenze tra colleghi, registi e sceneggiatori nonché della celebrazione delle nozze con la moglie Franca. La casa si può visitare esclusivamente sotto prenotazione e muniti di mascherina. Le prenotazioni chiudono un giorno prima della specifica data prevista per la visita. Il costo del biglietto è di 10 euro e comprende l’adesione all’Associazione Culturale “Ugo Tognazzi”.

Il T.T.T.: Torneo Tennis Tognazzi

Tra le irrefrenabili passioni di Ugo impossibile non menzionare l’amore per la racchetta. Il Villaggio Tognazzi, a Torvaianica, era un luogo d’artisti con bungalow, case con tetti di paglia e la figlia Maria Sole ha detto tempo fa in merito che non vi era estate senza aprire la casa. Ugo l’ha voluta “circondata da un esotico giardino tropicale“.

Scelta dettata dalla voglia di evadere dai “film su film” che “d’estate girava a Cinecittà“, così la sera “al rientro voleva sentirsi in Africa o alle Maldive“. Tuttavia, durante gli ultimi trenta anni di vita dell’attore, qui, in questo posto, si è svolto il leggendario torneo ideato da Ugo con in premio al vincente lo “Scolapasta d’Oro“.

Arrivavano a sorpresa“, ha continuato la figlia del compianto attore. “Star e sconosciuti“, chiunque al Villaggio Tognazzi. Si andava dai “giocatori fortissimi come Gillo Pontecorvo o Giuliano Gemma” a “vere pippe“. Tuttavia “l’importante era lo spettacolo“. Veniva costruita una tribuna “e per una settimana arrivavano al tramonto spettatori da Roma“, provenienti “dal litorale e direttamente dalla spiaggia“.

Tra i ricordi più forti della “raccattapalle“, ruolo di Maria Sole “come tutti i bimbi del Villaggio“, quella volta “in cui papà mi ha annunciato l’arrivo di Pavarotti“. Maria Sole aveva solo dieci anni, tuttavia Luciano “era già leggenda“. Il ricordo: “l’ho visto entrare in campo con il completino Ellesse, il pubblico in delirio“.

Per lui un enorme racchettone che Ugo “gli aveva fatto fare su misura“. Sebbene fossero stati solo “cinque minuti di palleggi con papà“, l’evento fu “uno show indimenticabile“. Era una sera di settembre e faceva abbastanza freddo per la stagione che correva.

Ugo Tognazzi e Luciano Pavarotti al Villaggio Tognazzi nel 1981

Data l’epoca, poco abituata a determinate iniziative, fu un risultato meraviglioso. Quella che sembrava solo una simpatica invenzione senza particolari pretese e aspettative, divenne nel 1966 per la prima volta sede di un torneo riservato a personaggi del cinema, teatro, TV, radio, giornalismo e tanto altro.

Era il periodo del boom economico e di conseguenza era lecito agli inizi ipotizzare si trattasse solo di un modo come un altro per passare una serata estiva di vacanze in maniera diversa. Il Torneo continuò senza sosta a parte rare eccezioni tra la fine degli anni Settanta e l’inizio del decennio seguente.

Familiari e amici erano ormai rapiti dall’evento e spinsero loro affinché l’appuntamento che si teneva ogni fine agosto continuasse. Il Villaggio Tognazzi è stato luogo che ha dato vita a momenti entusiasmanti. Dalle grottesche “volee” di Ugo ai pallonetti di Ivo Garrani passando per lo show di Pavarotti.

Chi c’era non avrebbe mai potuto dimenticare anche la simpatia di Raimondo Vianello o gli insulti agli avversari di Alessandro Haber. E poi ancora Sergio Fantoni e Luciano Salce. Arbore, Nuti e Carlo Verdone presenti così come Vittorio Gassman. Franco Interlenghi che si lamentava in continuazione o Michele Placido che giocava senza impegno così come Flavio Bucci. Impossibile citarli tutti.

Tra gli artisti c’era chi rinunciava al Festival di Venezia pur di esserci, visto che la settimana sportiva di Villa Tognazzi cadeva in puntuale concomitanza. Il pubblico presente si dilettava in simpatici sfottò alla presenza di artisti, attori noti e altri emergenti che poi lo sarebbero diventati dopo.

Le serate della settimana a Villa Tognazzi si chiudevano con le spaghettate notturne, bevute e chiacchiere senza fine. La conclusione avveniva con esibizioni improvvisate di ogni tipo. Antony Quinn usava la frustra, Philippe Leroy era un mangiafuoco. La presenza di mongolfiere, elefanti, trampolieri il tutto contornato da fuori d’artificio.

L’invenzione della “supercazzola”

Quando parliamo di “supercazzola” intendiamo un concetto privo di senso logico. Il termine è entrato nel linguaggio comune da pochi anni. Ma fu Tognazzi a pronunciarlo per la prima volta in Amici miei. “Senti, Necchi, non ti devi permettere di intervenire quando io faccio la supercazzola!“. Ugo è il Conte Lello Mascetti e pronuncia queste parole a Guido Necchi. Tuttavia termine “supercazzola” fu inventato da Corrado Lojacono.

Una targa per Amici miei – Atto II e per omaggiare i 100 anni dalla nascita di Ugo Tognazzi e i 40 anni dall’uscita del film

Ricordate le zingarate? Bene, tra quelle impossibile dimenticare quella della defecatio isterica. Il 19 marzo a San Casciano in Val di Pesa, alla presenza anche del sindaco Roberto Ciappi, è stata posta la targa dedicata proprio a quella sequenza dello storico film di Monicelli.

La targa si trova esattamente in Via Grevigiana, all’ingresso della villa dove si svolsero le scene. Dopo che è stata posta la targa, la “zingarata” è proseguita con la proiezione del film e cena ispirata alle scene di “Amici miei – Atto II“.