Le auto di Bianco, rosso e Verdone sono un cult italiano al pari del film che ha segnato il bis alla regia di Carlo Verdone nel 1981. Niente è casuale: le vetture in questione descrivono chi le guida e viceversa. I colori delle macchine che i protagonisti del film guidano, formano insieme un tricolore. Tre auto italiane, ma non sono le uniche presenti nella pellicola sebbene proprio queste giochino un ruolo chiave. Perché il film ci racconta il viaggio che i tre protagonisti affrontano per adempiere al dovere e al diritto da cittadini: andare a votare.

I protagonisti sono Pasquale Amitrano (che molti confondono con Ametrano: Verdone ha ricordato più volte che gli attori meridionali lo chiamavano Ametrano, nonostante sul copione fosse scritto “Amitrano“), Furio Zòccano e Mimmo. Tutti interpretati da Verdone che conferma la linea interpretativa intrapresa con successo in “Un sacco bello“, dove si divide tra ben sei personaggi.

Le auto rispecchiano perfettamente i tre protagonisti. Furio è un funzionario statale residente a Torino e non può che avere una comunissima bianca Fiat 131 Panorama che a inizio viaggio è agli sgoccioli nel rodaggio. Il suo viaggio parte proprio dal capoluogo del Piemonte per raggiungere la sua circoscrizione elettorale di Roma.

Mimmo ha una Fiat 1100 D verde con la quale va a prendere la nonna a Verona, interpretata da Elena Fabrizi, nota come la Sora Lella. Iconica l’acconciatura dell’auto durante il film, con il sedile legato sul tetto della stessa per far star comoda la nonna che finalmente può stendere le gambe.

Amitrano dalla lontana Germania, e più precisamente da Monaco di Baviera, deve raggiungere Matera a bordo della sventurata Alfasud (Alfa Romeo) alla quale ne capiteranno di ogni. L’auto rispecchia il personaggio bizzarro e grossolano, Amitrano, il quale cerca di conservare un animo italiano che ormai vive solo appena sveglio, quando guarda il poster dello juventino Causio.

Le auto di Bianco, rosso e Verdone

Niente è lasciato al caso in Bianco, rosso e Verdone, comprese le auto caratteristiche del film. E quale migliore mezzo per il logorroico, puntiglioso e pignolo Furio Zòccano, avvocato di Torino, con la sua nuova auto da rodare durante il turbolento viaggio? Station wagon, bianca e squadrata per il funzionario residente nella città base delle case automobilistiche italiane.

Nel viaggio ne succedono di ogni e a metterci il carico è proprio la pesantezza di Furio che la povera Magda subisce, interpretata da Irina Sanpiter. L’auto è perfetta per un lungo viaggio con la famiglia, composta anche dai due bambini della coppia (Antonluca e Antongiulio).

Le auto di Furio e Raoul plasmate perfettamente per i personaggi

Le prime insidie si verificano quando bucano una gomma durante il tragitto in autostrada. Mentre Furio si allontana per guadagnare la colonnina SOS, Magda viene raggiunta da Raoul, interpretato da Angelo Infanti. L’uomo è a bordo di un Maggiolino cabriolet blu e aiuta la donna a sostituire la gomma. Tuttavia, al suo ritorno Furio scambia la ruota nuova con quella bucata onde evitare di fare brutta figura con il Soccorso ACI, ormai già chiamato per intervenire sul posto.

Ripresa la marcia per arrivare a Roma, la situazione degenera quando Furio annuncia la fine del rodaggio dell’auto che può essere così spinta a maggiore velocità. Nel tentativo imprudente di superare un camion in una galleria, Furio sbanda e provoca un tamponamento che coinvolge più veicoli, svenendo sul colpo.

L’evento crea un punto di incontro tra i protagonisti del film perché il camionista, “Me chiameno Il Principe“, interpretato da Mario Brega, crede erroneamente di aver ucciso l’uomo e si dà alla fuga. Il Principe troverà riparo nell’auto di Mimmo e della Sora Lella ai quali chiederà un passaggio.

Una volta che Furio viene dimesso dall’ospedale, il viaggio culmina a Roma e per non lasciare i bambini soli in macchina durante la sua votazione, chiede a Magda di restare con loro. Ma al suo ritorno non trova più la moglie che viene raggiunta nuovamente dal Maggiolino cabriolet di Raoul per salirci a bordo e iniziare una nuova vita.

A Roma è stato dedicato un murales a Furio. Se le auto dei protagonisti sono perfettamente plasmate sui personaggi principali, altrettanto si può dire per quelli di contorno come il Maggiolino Volkswagen Cabriolet che guida il compianto Infanti, simbolo di liberazione e avventura.

Fiat 131 Mirafiori Panorama

Furio e Magda con la Fiat 131 Mirafiori, l'iconica auto del film Bianco, rosso e Verdone.
Furio e Magda con alle spalle la Fiat 131 Mirafiori Panorama

L’auto del film è una station wagon a cinque porte, la cosiddetta “familiare“. L’esemplare presenta ampi spazi interni ed esternamente è lunga 4,26 metri e larga 1,65. Nella prima serie disponibile c’erano due versioni: quella base e quella Special. La differenza tra le due era dovuta alla presenza degli optional e a una cura estetica più armonica nella seconda delle due versioni.

La produzione dell’auto si palesa sul mercato italiano nel 1974, sostituendo la Fiat 124. Il nome “Mirafiori” fu introdotto per omaggiare lo stabilimento che diede vita alla vettura. L’auto è costruita in base agli standard comuni dell’epoca: trazione anteriore e cambio manuale a quattro marce.

La vettura assume l’importante compito di sfatare il tabù dell’immaginario collettivo degli automobilisti italiani secondo il quale le Familiari sarebbero adatte solo per imbianchini o falegnami. La 131 Mirafiori Panorama segna un punto cruciale nella storia delle wagon in generale, principalmente quelle di casa Fiat: è la prima auto del genere che è riuscita ad ottenere una notevole diffusione sulle strade del Belpaese.

Il modello Panorama è disponibile con le medesime motorizzazioni della Berlina a 4 porte, ad eccezione della versione Supermirafiori 1300/TC. La produzione della Fiat 131 Mirafiori cessò nel 1985, sostituita dalla Fiat Regata. In undici anni e mezzo di commercializzazione, vennero venduti oltre un milione e mezzo di esemplari. Una quantità che permette ad oggi la possibilità di reperire l’auto nel mercato dell’usato.

L’Alfasud e Amitrano: “separati alla nascita”

Tre le auto di Bianco, rosso e Verdone immancabile l’iconica Alfasud, un vero simbolo dell’Italia dell’epoca e principalmente del meridione, dove nacque. Lo stesso meridione dove Amitrano si reca per votare, a Matera.

Amitrano non parla, non è “un personaggio“, ma “il personaggio” del film, secondo molti il più riuscito. Tuttavia, con Furio è una lotta disumana, ma i due giocano ruoli diversi: differenti in tutto, a cominciare dall’eloquio. Il personaggio di Amitrano, a differenza di Furio, è taciturno, si esprime solo ridendo o con espressioni del volto, un contrasto che sa quasi di bilanciamento con la figura logorroica del secondo.

Restando sul personaggio di Amitrano, lui e la l’auto prodotta dalla Alfa Romeo si somigliano in tutto: nell’aspetto grossolano (dovuto a come la allestisce Pasquale) e anche nella rappresentazione.

Nel film Amitrano non dice mai una parola. O almeno non fino a quando, in conclusione, non ne può più e si sfoga di tutte le malcapitate vicende affrontate durante il turbolento viaggio, in un dialetto ormai incomprensibile e snaturato dagli anni all’estero. Nello sproloquio finale si comprende solo l’ultimo periodo, ovvero quando manda tutti “a quel paese“.

Il personaggio rivive l’Italia solo nel poster di Causio che ammira principalmente di mattina, al risveglio. “Subisce” le “faticose” colazioni a base di wurstel e crauti che la moglie tedesca gli prepara. Durante lo sviluppo del film, e quindi nel percorso del suo lungo viaggio, subisce diversi furti che aumentano con l’incremento dei chilometri percorsi dall’auto.

Ogni sosta, o iniziativa atta ad allontanarsi fisicamente dalla macchina, è fatale. Fare spese per il viaggio, comprare souvenir o fermarsi a rinfrescarsi con un po’ d’acqua, sono i momenti che renderanno via via più leggera la sua auto. Il via ai furti comincia non casualmente in concomitanza dell’apparizione del cartello autostradale “Benvenuti in Italia“, che Amitrano osserva dopo il furto del mangiacassette.

Vedi anche: LA BIANCHINA DI FANTOZZI VERA ICONA DEL CINEMA

Alfa Romeo Alfasud

La mitica Alfasud. Se avete vissuto quel periodo storico o conoscete qualcuno che lo abbia vissuto, vi sarà capitato di imbattervi in conversazioni che includono la “mitica Alfasud“. L’auto rappresentava il segno di un riscatto: quello di trasformare la società italiana, attraverso la produzione automobilistica, in uno stabilimento proprio del “Mezzogiorno“.

Il nome “Sud” non fu attribuito infatti per caso. Quel “Sud” indicava la realizzazione ambiziosa di un’auto coraggiosa, avvenuta in uno stabilimento di Pomigliano d’Arco alla fine degli anni Sessanta.

Nel 1967, l’allora presidente dell’Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi, affidò al progettista Rudolf Hruska il progetto della fabbrica e della vettura. L’auto venne esposta in anteprima al Salone dell’Auto di Torino del 1971, arrivando sul mercato l’anno seguente.

L’esemplare è una Berlina, due volumi, quattro porte con lineamenti armonici e la parte posteriore che appare come “tagliata“. L’auto è di fascia medio bassa, a trazione anteriore. Freni a disco e motore innovativo con un ottimo 4 cilindri boxer di 1186 di cilindrata e 63 cavalli. Il motore si spinge oltre i 150 km/h con una buona tenuta da strada e grande guidabilità.

Il primo prezzo di listino fu 1.420.000 lire. L’auto in questione è l’Alfa Romeo più venduta di sempre nella storia della casa automobilistica. L’Alfasud è prodotta sino al 1984 in versioni rivisitate, migliorate, potenziate e aggiornate. Nel 1982 la S.p.A. dell’Alfasud divenne “I.N.C.A. Investimenti” e l’anno seguente venne presentata l’auto che nel 1984 sostituì completamente l’Alfasud berlina: l’Alfa Romeo 33.

La Fiat 1100 D di Mimmo

Ecco l’altra auto di Bianco, rosso e Verdone. La verde Fiat 1100 D di Mimmo completa il tricolore delle auto italiane del film. Il personaggio interpretato da Verdone è goffo, imbranato e sbadato: sbaglia le strade, non è totalmente affidabile in quanto poco arguto e sveglio. E di ciò se ne approfitta la leggendaria Sora Lella, nei panni di nonna Teresa, che lo schernisce a più riprese.

Come nei due precedenti casi, anche qui l’auto non è scelta a caso ma cozza perfettamente con la descrizione del personaggio e ci racconta l’Italia di quei tempi. Punto forte dell’episodio in questione è la Sora Lella che per stare più comoda e stendere le gambe, fa smontare il sedile che viene “arrangiato” sul tettuccio dell’auto.

Innumerevoli le gag della coppia: dal “buono” in farmacia alle urla durante il pranzo in pubblico: “C’hai er colesterolo!“. Passando per l’hotel dove pernottano fino alla commovente scena finale dove, una volta giunti a Roma, al seggio per votare, la nonna di Mimmo muore.

Durante un frammento dell’episodio di Mimmo troviamo “Il Principe” che trova rifugio da fuggitivo nell’auto del protagonista e di sua nonna Teresa. Una volta scoperto dai due, si fa dare un passaggio ottenendo un cambio di favore alla luce della puntura che il camionista aveva fatto il giorno precedente a nonna Teresa. Un’altra scena iconica del film, dalla quale ancora oggi ne viene estrapolata l’immortale citazione: “Sta mano po esse ferro e po esse piuma. Oggi è stata piuma“. Dopo i controlli i poliziotti lo fanno scendere tra le sue urla: “M’hai fatto carcera’, a infamone!“. L’auto della Polizia è un’Alfa Romeo Alfetta 1800.

Fiat 1100 D

Fiat 1100 D, l'auto di Mimmo in Bianco, rosso e Verdone.

L’auto di Mimmo è una Fiat 1100 D, lanciata nel 1962 conservando la carrozzeria della Fiat 1200 Granluce, prodotta dal 1957 al 1960. Tuttavia gli interni furono aggiornati. Variò anche il padiglione e la calandra si presentava piatta e senza cromature. I fanalini anteriori erano di forma rettangolare. L’apertura era “controvento“.

Il motore presentava innovazione rispetto alle versioni precedenti con il motore a di 1221 cm³ e 55 cavalli. Il carburatore era monocorpo. Sia la versione Berlina che quella Familiare avevano un unico allestimento nelle Fiat 1100 D disponibili. Il costo dell’auto ammontava a poco più di un milione di lire.

Infinite statue: le auto del film diventano modellini realistici in scala 1:18

Infinite statue è un’azienda italiana che fa capo a Savona e da 15 anni realizza oggetti legati al mondo del cinema e del fumetto. Tra questi, anche la riproduzione fedelissima alla realtà nei minimi particolari delle auto più famose dei film di Carlo Verdone. E, ovviamente, non solo. Tra le collection presenti anche la Bianchina di Fantozzi e la Dune Buggy di Bud Spencer e Terence Hill.

Gli oggetti sono di estrema qualità e vengono dipinti individualmente a mano e numerati. Sono esposti sul sito in edizione limitata. Dunque, una volta terminati, non saranno più replicati.

Ed è proprio per questo motivo che “le nostre opere sono destinate ad acquistare valore nel tempo“, come ha spiegato qualche anno fa il presidente di Cosmic Group, Roberto Gallanti. I collaboratori di cui “ci avvaliamo” sono tutti dei “veri e propri artisti“. Tra “scultori altamente specializzati” e “decoratori dal talento unico“.

Inizialmente il produttore ha rivelato solo l’Alfasud di Amitrano tra lo stupore generale, nel senso più positivo del termine. Tutto è accuratissimo, compresi gli interni dell’auto. La riproduzione in scala è così fedele alla realtà che lo stesso Verdone non poté esimersi dal complimentarsi di persona.

Il kit completo è in vendita sul sito con 100 copie numerate. Nella confezione si trovano i tre personaggi protagonisti e la loro auto in packaging esclusivo. Vi è anche il passaporto di Amitrano; il set da Socio ACI di Furio; la nota maglietta gialla di Mimmo. Per omaggiare il 40esimo anniversario del film, scoccato due anni fa, vi sono anche gadget esclusivi come la riproduzione in scala 1:1 della locandina originale di Bianco, rosso e Verdone; il sent anti-bacilli per Magda; il Certificato commemorativo firmato direttamente da Verdone in persona.

Il kit completo in edizione limitata sul sito di Infinite Statue

Verdone entusiasta del lavoro di Infinite Statue

Nello spot dedicato è lo stesso Verdone a parlare, simulando la chiamata da Socio Aci con Infinite Statue, riproponendo la voce e soprattutto la maniacale puntigliosità di Furio. “Pronto, parlo con Infinite Stature?“. “Sono un ammiratore del grande Carlo Verdone, desidererei sapere se avete i quattro modellini di auto” del film “Bianco, rosso e Verdone, in scala 1 a 18“.

Accertandosi poi di trovare l’amata Alfasud di Amitrano, chiede: “Ce l’avete color rosso con l’antennone?“. “Perché quella è una cosa importante“. E poi le immancabili citazioni alle borchie che restino “appiccicate bene” poiché “in genere tendono a rubarle“.

Così Verdone su Facebook commentando lo splendido lavoro di Infinite Statue

La pagina Facebook di Infinite Statue

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