Ci lascia a 68 anni Francesco Nuti e lo ricordiamo soprattutto per i successi ottenuti negli anni 80, veri e propri campioni d’incassi

Nel corso della sua inizialmente brillante carriera Francesco Nuti ha regalato al cinema italiano degli anni 80 e a noi tutti delle perle assolute. Il segreto principale delle sue commedie era la semplice e immediata immedesimazione nei protagonisti che interpretava. Alle prese con una crisi di coppia, della riconquista e della riconferma del ruolo di uomo all’interno di una relazione. Per quanto ogni sua pellicola fosse di stampo surreale venivamo comunque coinvolti facendo nostri determinati, se non tutti, aspetti dei suoi indimenticabili personaggi.

Il suo inizio di carriera è scoppiettante. Entra ancora studente ne I Giancattivi, al fianco dei già conosciuti Alessandro Benvenuti e Athina Cenci. Dopo una serie di spettacoli di cabaret e trasmissioni televisive come Non stop di rai 1 lascia il trio e si mette a fare il solista, mantenendo però i contatti con Benvenuti. Ed è proprio il percorso da solista che lo porta a conoscere Maurizio Ponzi, con cui collabora in tre film in veste di sceneggiatore e personaggio principale. Con il primo dei tre, Madonna che silenzio c’è stasera, nel 1982 diventa conosciutissimo soprattutto per una canzone: la divertentissima Puppe a pera. Gli altri due sono Chiara e lo Scuro, con cui vince il David di Donatello e Nastro d’argento come attore protagonista, e Son contento nel 1983.

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Grazie alle sue doti di attore ma anche di sceneggiatore, nel 1985 compie un ulteriore importante passo nella sua carriera: dirige il suo primo film Casablanca, Casablanca. Il film, nel cui cast ritrova Giuliana De Sio dopo Chiara e lo Scuro, vince il secondo David. Sulla scia di consenso di pubblico e critica sforna in successione piccole grandi perle della commedia che coprono l’intera decade fino agli inizi degli anni 90. Tra questi indimenticabili cult spicca Caruso Pascoski (di padre polacco), la cui trama ripercorre un tema ricorrente in gran parte dei suoi lavori. E’ la storia di uno psichiatra che viene abbandonato dalla propria moglie che s’invaghisce di un suo paziente. Leggendarie alcune scene che vedono tra i protagonisti della pellicola, oltre all’allora compagna di vita Clarissa Burt, i bravissimi Ricky Tognazzi e Novello Novelli.

Come regista, sempre in quegli anni, Nuti regala al pubblico Tutta colpa del Paradiso, con Ornella Muti, Stregati, fino al Willy Signori e vengo da lontano del 1989 e Donne con le gonne del 1992. Ma nel giro di pochi anni la carriera di Nuti ebbe un brusco, e per molti irrimediabile, stop che lo portò a un lento declino. Questa autentica frenata nella sua carriera portava il nome di OcchioPinocchio del 1994. Il suo progetto più ambizioso, girato in America, costò alla produzione circa 20 miliardi delle vecchie lire e si rivelo un flop totale al botteghino.

Il film segnò un vero e proprio spartiacque nella sua carriera. A seguito della pellicola del 1994 girò il suo terzo omaggio al mondo del biliardo con Il signor Quindicipalle del 1998. La commedia, per quanto riuscita, non conquistò del tutto il pubblico, almeno non come i successi passati, e fu accolta fiaccamente nelle sale. Discorso diverso per i successivi Io amo Andrea del 2000 e Caruso, zero in condotta del 2001 che si rivelarono i peggiori flop del regista toscano. Tanto che decretarono la fine anticipata della sua brillante carriera facendolo sprofondare in una spirale di alcolismo e depressione. E che lo portarono, tra sporadiche apparizioni in pubblico e in televisione, alla tragica fine.

Evitando di menzionarne i periodi più bui e, in particolare, le cause principali che lo hanno portato al recente decesso, ci piace ricordare Francesco Nuti per quello che era. Un estroverso attore, un brillante sceneggiatore e uno dei registi più accattivanti e originali che la commedia italiana abbia visto tra anni 80 e 90. Insomma, un talento che si è fermato troppo presto ma è rimasto, almeno per gran parte di noi, indimenticato. Un genio sfortunato. Ma sempre un genio.

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