Era un “genio”, per l’amor di Dio: Malcom McDowell, l’Alex DeLarge di Arancia Meccanica, non lo mette in dubbio, ma, sui compensi, il celebre regista lo “ingannò”

Ne è passato di tempo per Malcom McDowell, l’interprete di Alex, il protagonista di Arancia Meccania, uno dei capolavori dell’immenso Stanley Kubrick che, a quanto pare, lo “fregò” sui compensi del film. Oggi McDowell ha 80 anni, eppure, per tutti, lui è ancora quel ragazzetto prima spavaldo, poi ridimensionato dai duri metodi “fascisti”, come l’accusa piovuta dai critici verso la pellicola. Ma McDowell giura: l’intento era tutt’altro, perché il film in realtà “denunciava” proprio la violenza dei regimi totalitari.

Intervistato dal Corriere della Sera, l’attore ripercorre i delicati momenti sul set con un difficilissimo regista come Kubrick, capace di far ripetere le scene fino allo sfinimento. Eppure, non fu questo il problema. Non quanto meno l’unico: “Quando litigavamo volavano parolacce tra noi. Aveva delle richieste maniacali, delle vere ossessioni sul set”. C’è sempre curiosità nel conoscere la maniacalità lavorativa di Kubrick, ma non rivela nulla di nuovo l’attore, oggi 80enne.

L’imbroglio sui compensi

Al contrario, c’è un tema che effettivamente potrebbe infangare la memoria di Stanley: “Sono stato fregato”, racconta. Era “giovane” e promosse “gratuitamente il film”. Senza mezzi termini, spiega: “Stanley mi ha imbrogliato, facendomi firmare una carta in cui c’era scritto che avrei rinunciato al 2,5 percento degli incassi”. E quando si presentarono tutti all’anteprima del film del 1971, “vedevo il suo nome dappertutto, Kubrick di qua, Kubrick di là, tanto che mi chiesi stupefatto: ‘Ehi, non c’è nessun altro che ha fatto questo film?'”.

Gli aneddoti sul film

Malcom ritiene Stanley un genio, non è sua intenzione infangarne la memoria. Si entra nel vivo del film e l’attore ricorda le difficoltà per girare la scena dello stupro. “Non riuscivamo a venirne a capo”. Non solo quella verso la donna, ma anche sul marito. Non c’erano molte idee e McDowell aspettava “di capire come sarebbe stata girata”. Passarono cinque giorni, e non appariva alcuna idea all’orizzonte. Poi, improvvisamente, Stanley chiese all’attore se sapesse ballare. “No”, rispose il giovane McDowell. Tuttavia, ispirato dal film “Cantando sotto la pioggia”, di Gene Kelly, con il celebre pezzo “Singin’ in the rain”, trovò un’ispirazione quasi soprannaturale.

“Mi diede una specie di strana euforia, cantavo in modo naturale”. Kubrick capì che era fatta, gli fece un “gesto”, come a dire: “Abbiamo trovato la quadra!”. Oggi il politcally correct probabilmente non permetterebbe di replicare un simile film. Tuttavia, McDowell osserva che non fu semplice neanche al tempo: “Se non ci fosse stato Stanley dubito che le major avrebbero finanziato un film del genere, per quanto non risultò così costoso”.

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