La vita è bella” è uno dei film che più di ogni altro rappresenta l’Italia nel mondo, vincitore di tre premi Oscar (miglior film straniero, miglior attore protagonista e migliore colonna sonora). E il titolo, così banale ma così d’impatto. Roberto Benigni ha detto di averlo scelto perché è una frase “così fragile“. “Era una frase fatta, è come se dico a una donna: ‘I tuoi occhi sono come le stelle’. Ora è facile ma il primo che l’ha detto è un poeta. Questa straordinaria semplicità: non c’è niente di più incisivo che chiarisce il film. Si può dire che la vita è bella sino all’ultimo passo“.

Com’è nata l’idea del film: “Non si può sapere, sono quelle cose bellissime, estemporanee e non si sa come e da dove arrivano. Non si sa ed è meglio quando non si sa. Come questo rumore di elicottero – nel frattempo passava infatti un velivolo durante una vecchia intervista sul film – è arrivato all’improvviso, magari ci rovina quest’intervista ma è il caso. È la bellezza della vita“.

Le polemiche sul film

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Anche se non è ebreo ha fatto un film sull’olocausto: “Perché quando ho letto la prima volta dell’olocausto non credo che sia più la persona del giorno prima. Cambia profondamente e appartiene a tutti, non è solo la storia degli ebrei. L’ho sentita mia anche, appartiene a me profondamente, a tutti noi. E poi sono un artista, sennò mi occuperei solo di interpretare un ragazzo toscano. Il film mi ha posseduto, non ci dormivo la notte. Sapevo che potevo dare luogo a polemiche ma come si fa a dire di no?”.

Sulle polemiche: “È anche legittimo che nascano polemiche sulle opere artistiche. C’è un pregiudizio sul comico che non ha nessun senso, il discorso è il risultato. Raggiungere la bellezza. Da dove arriva non ha nessun senso, sennò diventa razzista. Sono nate polemiche sulla somiglianza con la realtà. Ma il film non è un documentario, ho voluto ricreare l’emozione non l’ambientazione. Il film deve dare il senso di una vera storia d’amore di una famiglia. Tratta di un’ingiustizia e se dopo la visione lo spettatore sente un senso di ingiustizia, vuol dire che è riuscito. L’artista deve cercare la bellezza, il piacere. Le polemiche le comprendo per un tema così, anzi me ne scuso con chi può essere rimasto sconcertato“.

La comicità può essere associata a temi importanti? “Abbiamo grandi maestri che ce lo hanno mostrato. Non c’è niente di meglio di quando mi fermano e mi dicono: ‘Mi è piaciuto tanto il film, ho pianto tutto il tempo’. È la cosa migliore, il senso dell’esistenza: quello abbiamo ovvero ridere e piangere, non ci resta altro. Il tragico e il comico“.

Il cast

Giorgio Cantarini

Sulla scelta degli attori: “Uno li pensa quando li scrive, li vedi che si presentano in un certo modo, quasi ci caschi ma poi valuti: ‘Non può essere lui’. A volte cadono dal cielo. Come il bambino Giorgio Cantarini, dopo 2000 provini. Avevo finito, vedo entrare ‘sto bambino con un cappotto che gli arrivava fino ai piedi, con un nasone, mi sembrava caduto da una scatola magica. Mi ha detto: ‘Stanotte ho sognato che facevamo un film insieme’. Gli ho risposto: ‘Anche io, continuiamo a sognare insieme’.

E poi l’immancabile Nicoletta Braschi: “Mia moglie è l’attrice più moderna, il personaggio era difficilissimo. Non riuscirei a pensare ai miei film senza lo stile e la grandezza di Nicoletta Braschi. Per me la presenza femminile c’è l’energia e la luce del film“.

Alcune curiosità su “La vita è bella“:

  • Il film si divide in due parti: la prima vede un ragazzo toscano che prova a conquistare Dora, interpretata dalla Braschi, la seconda è la storia d’amore di un padre verso il figlio. Anche i colori del film cambiano nelle due parti: la prima è colorata, la seconda ha colori più cupi, con prevalenza di nero e grigio.
  • La vita è bella non è ambientato ad Auschwitz, il campo di concentramento presente nel film è idealizzato. La violenza non è mai stata l’obiettivo del regista, voleva solo raccontare “una favola di speranza“, anche laddove questa spariva.
  • L’indovinello che a fine film il medico tedesco fa a Guido Orefice, interpretato da Benigni, è senza soluzione.
  • Il numero di divisa di Roberto Benigni nel film è lo stesso numero indossato da Charlie Chaplin.
  • Roberto, insieme a Laurence Olivier, è l’unico attore ad aver vinto l’Oscar per un film diretto da sé stesso.
  • Due omaggi a Massimo Troisi ne “La vita è bella“: il primo è quando Guido cerca di far girare Dora, interpretata dalla moglie Nicoletta Braschi. Adotta la stessa tecnica di movimento delle mani e con lo stesso significato “magico” che Troisi ricerca continuamente in “Ricomincio da tre“. La seconda citazione al compianto attore partenopeo è quando Guido fa il giro del quartiere solo per rincontrare Dora.
  • Benigni è l’unico attore comico che ha indossato abiti femminili senza lo scopo di far ridere, ma anzi, al contrario, per rappresentare un momento difficile: si veste da donna per camuffarsi tra le deportate al fine di ritrovare Dora nel campo di concentramento.
  • Giovanni Paolo II invitò Roberto Benigni alla proiezione privata del film. La mamma dell’attore toscano non ha mai creduto a questa cosa.
  • Il film ha vinto più di 50 premi.
  • La gag dei cappelli scambiati è un omaggio ai fratelli Marx. Lo sketch lo ritroviamo infatti ne “La guerra lampo“.
  • I figli del titolare del negozio dove Ferruccio lavora si chiamano Benito e Adolfo.
  • Secondo alcuni maligni Sofia Loren avrebbe pronunciato il nome di Roberto Benigni solo per patriottismo e che nella busta c’era scritto un altro nome. Una falsità senza precedenti, ovviamente.

Chi interpreta Giosuè ne La vita è bella?

L’indimenticabile bimbo Giosuè Orefice, protagonista nel film di Roberto Benigni, La vita è bella, è Giorgio Cantarini. Dopo la nota pellicola, ha proseguito il suo cammino nel mondo dello spettacolo, dedicandosi al teatro e facendo qualche comparsa in tv.

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