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La sfregiano con l’acido mentre lavora come volontaria. Il dramma di Katie: “La gente faceva video anziché aiutarmi”

La sfregiano con l’acido mentre lavora come volontaria. Il dramma di Katie: “La gente faceva video anziché aiutarmi”

Katie Gee aveva appena 18 anni quando nel 2014 fu aggredita senza alcun apparente motivo da due uomini che le gettarono dell’acido sulla parte destra del corpo. A 10 anni dalla tragedia e dopo aver subito 70 operazioni, la 28enne ha deciso di raccontare la sua storia in un video diventato virale. L’obiettivo di Katie è aiutare le donne che si trovano nella sua stessa situazione.

La storia di Katie Gee, sfregiata con l’acido da due sconosciuti

Katie Gee stava svolgendo attività di volontariato a Zanzibar quando due uomini in motorino le gettarono addosso dell’acido. “Stavo uscendo per cenare quando due uomini mi hanno gettato dell’acido sul lato destro del corpo e se ne sono andati subito. Sono corsa subito in bagno, urlavo a squarciagola chiedendo aiuto. Poi una coppia, Nadine e Sam, sono venuti ad aiutarmi e hanno portato un sacco di bottiglie d’acqua. Un sacco di gente del posto e turisti mi osservavano senza aiutarmi e alcuni di loro scattavano foto e cose del genere”.

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“Voglio avere fiducia nelle mie cicatrici”

Giunta in condizioni disperate in ospedale, “mi sono immersa in una soluzione salina” e dopo interminabili supplizi, con un volo medico, è riuscita a tornare a casa, in Gran Bretagna. Proprio in patria, però, ha avuto inizio l’incubo di Katia Gee, che a causa delle ustioni dovute all’acido, per i successivi 2 anni ha dovuto indossare una maschera di plastica e una tuta che le comprimeva il corpo. Solo dopo 5 anni e oltre 70 operazioni alla donna è stato riapplicato l’orecchio destro.

I due aggressori dell’allora 18enne, tra l’altro, non sono mai stati trovati. Katie, tuttavia, dopo anni difficili ha trovato l’amore e ha deciso di raccontare la sua storia. “Per anni non volevo uscire perché mi sentivo osservata in modo molesto. Ora, invece, voglio essere una persona che accetta il proprio corpo e che ha fiducia nelle sue cicatrici”.

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