Si intitola “Familia” ed è in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia

Luigi Celeste aveva appena 23 anni quando ha sparato e ucciso suo padre con un colpo di pistola: un gesto estremo, forte, dettato dalla rabbia, dalla sofferenza.
Infatti, l’uomo, molto spesso, maltrattava la mamma e il fratello.
Dopo il delitto, Luigi ha scontato la sua pena in carcere. Si è ripreso in mano la sua vita, ha studiato ed è uscito da Bollate come esperto di sicurezza informatica.
Scontata la pena, l’uomo ora vive e lavora a Strasburgo.
Ha scritto la sua vita, il suo passato e quella della sua famiglia, nel libro “Non sarà sempre così“, che grazie a Francesco Costabile è diventato un film in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, “Familia“.

La storia di Luigi Celeste

In un’intervista del Corriere di Milano, Luigi ha raccontato il suo passato.
Come detto, il padre era violento e maltrattava spesso sua mamma. Tuttavia, nonostante la denuncia della donna, mai nessuno si era impegnato per proteggere quella famiglia.
E anche il fratello lo aveva denunciato, nel 2007, proprio per le minacce di morte al telefono.
Eppure il padre, uscito dal carcere un anno prima, a quel punto ottenne “la riduzione dell’obbligo di firma”.

Luigi ha specificato che aveva “un vizio di mente al 75%”, ma sembra che il magistrato di allora “non abbia valutato la sua pericolosità sociale”. E dunque? “Sono momenti in cui ti chiedi “cosa dobbiamo fare? A chi dobbiamo chiedere aiuto?” – afferma Luigi.

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La condanna e la rivincita di Luigi

Nella sentenza, il giudice scrisse su Luigi: “Neppure lui è uno stinco di santo” e quella sera “ben avrebbe potuto prendere la porta di casa e uscire”
La delusione è stata molto forte, perché l’intera vicenda “era stata ridotta a lite familiare. Il mio riscatto è iniziato lì: non ero quel che era scritto di me“.
E gli errori, Luigi, li ammette. Ma dice anche di aver pagato, e di sapere (purtroppo) cosa sia “la rabbia incontrollabile che si genera quando cresci nella violenza e nel dolore”.
Per questo, quando vede chi si trova in situazioni simili, prega sempre che quel ragazzo “trovi una guida e incanali la rabbia per il bene”.

La questione, però, resta: a chi chiedere aiuto. Luigi Celeste si è fatto forza, sostenuto da “educatori, direttore del carcere, studio, persone che mi hanno dato fiducia”.
Ma per uscire da una situazione come la sua, Luigi non ha consigli da dare. “Mi viene da dire come non entrarci”. L’ultimo consiglio è quello di “non fare figli se non siete in pace con voi stessi, se non sapete di poterli crescere volendo il loro bene. Perché i traumi dei genitori poi ricadono sui figli innocenti, e alimentano una catena”.

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