Il giornalista di SkySport Marco Nosotti ha raccontato gli ultimi istanti accanto a sua moglie Silvia, scomparsa recentemente

Aveva commosso tutti il lungo abbraccio tra il Ct Luciano Spalletti e Marco Nosotti, a bordocampo, quando il giornalista di Sky Sport aveva appena fatto ritorno in Germania, per raccontare il cammino della nazionale agli Europei, dopo la recente scomparsa di sua moglie Silvia. L’allenatore azzurro durante alcuni allenamenti alla vigilia della sfida con la Croazia, gli si era avvicinato abbracciandolo forte, come fosse di famiglia.

“Mia moglie Silvia, con la quale ero sposato da ventotto anni, è morta una settimana fa.” Ha raccontato commosso Nosotti al Corriere. “Stava male da tempo. Tutto è cominciato alla fine degli altri campionati europei, quelli che l’Italia vinse. Tornai a casa, a Formigine, vicino Modena, e lei mi disse che dalle analisi risultava che era malata di leiomiosarcoma, un tumore dei tessuti molli. Mi disse ‘adesso togliamo tutto e vediamo cosa succede’. Purtroppo c’è stata la recidiva e si è ripresentato. Da lì è cominciata la sua battaglia, la nostra battaglia. Abbiamo vissuto quello che vivono tutte le persone, le coppie e le famiglie che hanno a che fare con malattie gravi. Silvia ha affrontato la chemioterapia e le sue conseguenze. Ha sofferto molto e la situazione è precipitata negli ultimi quattro mesi. Era diventata solo una battaglia contro il dolore.”

Le condizione di Silvia sono peggiorate ulteriormente dopo la prima partita della nazionale contro l’Albania. “Ho fatto il collegamento la domenica mattina e sono tornato a casa. Sono stati giorni terribili e magnifici, abbiamo condiviso anche l’ultimo passaggio, come avevamo fatto per tutti i giorni di trent’anni della nostra vita. Ci siamo detti le cose che dovevamo dirci. Lei è morta il 20 giugno.” Ovvero il giorno della sfida tra Italia e Spagna. “Nel momento in cui sono cominciati gli inni nazionali Silvia è spirata.”

Poi il giornalista di Sky è tornato in Germania, per continuare il suo lavoro come inviato. “Al termine dei funerali il direttore, Federico Ferri, mi ha detto che avrei potuto fare quello che volevo. Restare a casa o tornare al lavoro. Mio figlio, eravamo sul sagrato della chiesa, mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto che era giusto andassi, che la mamma avrebbe voluto facessi così. Io ero combattuto, ma il gesto di Giulio mi ha convinto. Come le parole di Margherita sulla forza del rapporto tra Silvia e me, un rapporto che a lei era sembrato sempre unico, inossidabile.”

Continua a leggere su Chronist.it