Nicolò Fagioli racconta il suo viaggio nelle scommesse e nella dipendenza da gioco d’azzardo e il fatto che gli abbia rovinato la vita

Sembra essersi messo tutto alle spalle Nicolò Fagioli che si sta riprendendo la sua vita dopo essersela rovinata per le scommesse e il gioco d’azzardo. Che prima lo ha gettato sul lastrico e poi ha rischiato di rovinargli una carriera tanto promettente con Juventus e Nazionale. Ma ce l’ha fatta Nicolò, in tempo per essere convocato da Spalletti per i prossimi Europei in Germania (al netto, però, di 4 calciatori che torneranno a casa in anticipo). La squalifica di 7 mesi per il centrocampista bianconero ha avuto termine, infatti, proprio a poche settimane dall’esordio dell’Italia contro l’Albania.

Un risultato piuttosto positivo raggiunto soprattutto attraverso la condivisione costante del suo malessere e, soprattutto, dei suoi demoni. “Quando sono scoppiato a piangere, nella partita con il Sassuolo, non era solo per aver messo in difficoltà la mia squadra, ma perché in quel momento è scesa una cappa nera, tutto mi sembrava negativo, tutto scuro. Avevo sbagliato un pallone, ma il mio errore più grave era dentro di me. Il problema è che non ero più padrone di me stesso. Il gioco mi aveva divorato la vita, era diventato un assillo, un incubo.” Ha raccontato il classe 2001 alla Gazzetta dello Sport attraverso un’attenta analisi di sé. Per render tutti partecipi del motivo per cui un giovane che ha tutto possa cadere inesorabilmente in un inferno di questa portata.

“Lo so che sono un ragazzo fortunato, che ci sono miei coetanei in condizioni più drammatiche della mia, che non ho titolo per invocare comprensione. Ma non voglio neanche essere ipocrita. Sono stato inghiottito da un vuoto che non guarda in faccia nessuno, non distingue per classe sociale, non premia né assolve in base al talento. Mi sentivo soffocare ma non trovavo il modo di venirne fuori.”

Come per tanti altri prima di lui, è iniziato tutto per gioco, come un passatempo per far passare la noia quotidiana. “Quando finiscono le 4-5 ore di allenamento, ti si spalanca il vuoto. Se non hai altri interessi, quell’abisso ti attira. Io mi annoiavo, sembra assurdo ma è così. Il successo non è un’armatura che resiste alla solitudine.”

Ed è stata proprio la noia a farlo sprofondare in una voragine senza fondo. “Ogni volta che usavo quel maledetto cellulare, ogni giorno e tante volte al giorno, mi sentivo come se fossi in campo.” Fin quando ha iniziato a commettere errori anche in campo. A quel punto Fagioli si è trovato a un bivio: scegliere se sprofondare completamente nel buco nero del gioco d’azzardo o rialzarsi. Così ha iniziato a farsi aiutare con la psicoterapia. Cosa che gli ha permesso, fuori dai campi, di concentrarsi su sé stesso e di guardarsi dentro per comprendere il motivo che lo ha portato a toccare il fondo.

“Vorrei dire a tutti i ragazzi che soffrono che non bisogna aver paura di chiedere aiuto. Mi è dispiaciuto che certi giornali abbiano descritto me e Tonali come due demoni. Io ho fatto male solo a me stesso. Non ho truccato partite, non ho condizionato risultati. Ho sbagliato, giocando su siti illegali e ho perso un sacco di soldi. Perché lo so, ma lo sapevo anche allora, che con quei giochi si perde e basta. E non solo denaro.”

Ogni tanto, confessa, l’idea di ricadere nuovamente nelle scommesse ritorna a far sentire il suo “canto seducente”. Ma ora riesce a bloccarne l’effetto e, anzi, dominarlo, tenendo conto del male che ha portato nella sua vita e nella sua carriera di calciatore. “Ora penso che il gioco sia una cosa da sfigati.” Conclude il centrocampista.

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