In esclusiva a Le Iene parla l’ex arbitro Eugenio Abbattista, fresco di dimissioni dal ruolo di Var, che accusa pesantemente il mondo degli arbitri italiani

L’ex arbitro di Serie A e B Eugenio Abbattista, in esclusiva ai microfoni de Le Iene, non ci sta e accusa formalmente il sistema degli arbitri italiani. Fresco di dimissioni dal ruolo di Var, dopo un anno e mezzo di servizio, il 41enne fischietto pugliese risulta ad oggi l’unico arbitro della storia del calcio italiano ad essersi dimesso in modo spontaneo a stagione in corso. “Adesso sono libero di denunciare lo schifo che c’era intorno a me“, riferisce Abbattista. E lo spiega chiaramente nel servizio in onda questa sera su Italia 1 a partire dalle 21:20, ai microfoni di Filippo Roma che prosegue l’inchiesta delle Iene sul mondo arbitrale. Mettendo in evidenza lo scandalo che c’è intorno ad esso, sui voti truccati e sui meccanismi per selezionare quali arbitri tenere in organico e quali tagliar fuori.

Il bavaglio alla bocca

Mi sono dimesso perché ero stanco della sensazione di schifo che avvertivo attorno. Mi sono sentito con un bavaglio alla bocca che non mi apparteneva. Impossibilità di parlare, di esprimermi e autorizzazioni negate. Dopo il primo servizio che mi riguardava, io ho chiesto di poter parlare, non mi è stata concessa l’autorizzazione.” E sul motivo di tale mancata autorizzazione Abbattista replica: “Perché risultava scomodo farmi parlare perché il documento che il massimo organismo degli arbitri ha prodotto nell’anno in questione e che ha permesso a me e ad altri arbitri di rimanere in organico, è un documento evidentemente falso.

In questo caso Abbattista si riferisce ai verbali in cui veniva attestata, in maniera alterata, quale fosse la reale proposta di conferma e dismissioni degli arbitri in organico da parte dei valutatori dei direttori di gara. Che in quella stagione erano il designatore Nicola Rizzoli, per quanto riguarda la serie A, e l’ex arbitro emerito Emidio Morganti per la serie B.

“Dovevo andare a casa”

Dunque Roma chiede all’ex fischietto perché quel verbale è falso. “Perché io dovevo andare a casa.” Risponde Abbattista. “Dovevo smettere di arbitrare perché non era stato chiesto che io rimanessi nell’organico. Il documento che è stato prodotto attesta il mantenimento nell’organico mio, di Calvarese e di Giacomelli, quando, in realtà, la relazione che avevano presentato i due valutatori parla di me Giacomelli e Calvarese a casa. Morganti mi ha chiamato e mi ha detto “Alla fine dell’anno smetti di arbitrare per la massima permanenza nel ruolo come arbitro“.

Il documento falso

Quindi l’ex direttore di gara conferma che si aspettava di essere dismesso ma, allo stesso tempo, di essere comunque rimasto felice della conferma. “Sono stato contento perché restare in campo comunque mi gratificava. Però poi quando ci sono stati i ricorsi dei colleghi dismessi ho iniziato a capire che qualcosa non era andato per il verso giusto. Ho richiesto due volte volontariamente di essere ascoltato dalla Procura Federale per fare chiarezza. Ho confermato che Morganti mi aveva già comunicato che avrei smesso di arbitrare e nelle audizioni, mi hanno chiesto più volte: “Ma sei sicuro? Ma è vero? E così? sei Certo?”. E, a conferma che il verbale del massimo organismo degli arbitri è falso, c’è un documento inedito che sono in grado di fornirvi dove c’è l’indicazione dell’organico della stagione. In quel documento lì né per Giacomelli né per Calvarese né per me, c’è un’indicazione di deroga o di conferma. Non c’è. Non lo troverete.  Questo certifica che il valutatore Emidio Morganti, che voi avete intervistato, ha detto il vero: per me non era stata richiesta nessuna deroga, nessuna conferma.

Colpevoli impuniti

A questo punto ad Abbattista viene mostrata la smentita del vicepresidente Alberto Zaroli, raccolta dalle Iene, riguardo il falso verbale. “Nel momento in cui delle persone sono sedute a un tavolo vedono, sono testimoni di un atto che poi si è verificato essere falso e non denunciano di fatto sono complici.” Dice l’ex VAR. “Nel momento in cui io ho un’evidenza certa che quell’atto ha portato a condannare degli innocenti e a lasciare impuniti dei colpevoli, perlomeno per dignità personale l’atto delle dimissioni credo che sia dovuto. Ero stanco di essere circondato da uno schifo. Era uno schifo sia dal punto di vista dei valori che dell’atmosfera che respiravo e ho detto basta. La sensazione è che la Procura non andasse alla ricerca della verità, andasse alla ricerca della versione più comoda possibile.”

Filippo Roma cerca di far ancora più chiarezza e chiede: “Quindi avrebbero condannato un innocente, Morganti, e salvato quelli che avrebbero attestato il falso?” E la replica di Abbattista è immediata. “Sembrerebbe, tristemente, che, nonostante noi dovessimo essere i garanti delle regole, i massimi portatori di giustizia, che è assolutamente come stai dicendo tu.

Il sistema politico arbitrale

Così Calvarese, Giacomelli e lo stesso Eugenio Abbattista furono graziati e Morganti pagò ingiustamente per tutti. La motivazione? “È stata una mossa politica che niente a che fare con il terreno di gioco e con quello che gli arbitri vanno a fare in campo.” Poi continua: “A febbraio 2021 si sarebbero fatte le elezioni, io la ritengo incomprensibile sia dal punto di vista politico che dal punto di vista umano. E una delle ragioni per cui ho raggiunto quel livello di schifo di cui ti parlavo, che poi porta un uomo libero, a dire “mi dimetto perché ho necessità di raccontare una verità.”

E su precisa domanda di Roma (“Nell’AIA c’è democrazia?”), Abbattista risponde: “Se degli arbitri giocano a calcio sono delle partite in arbitrabili, la necessità in cui L’Aia ha fallito è quella di non avere un arbitro che regolamentasse il gioco tra due squadre che per vincere sono disposte a fare qualunque cosa. Noi abbiamo dimostrato che non ci meritiamo due cose, la democrazia e la politica, perché non siamo in grado di metterle in pratica, è inammissibile che un cittadino per poter parlare di questioni personali deve chiedere delle autorizzazioni, e peggio ancora, deve avere delle versioni concordate del mettiamoci d’accordo su cosa dire e non dire. Capite che così fare sport e andare in campo è difficilissimo dal punto di vista psicologico? Ancor di più quando questa cosa viene fatta in maniera subdola. Una totale assenza di democrazia nel senso più puro del termine.

La soluzione per uscire dallo “schifo”

Ai titoli di coda dell’intervista fiume delle Iene, l’ex arbitro pugliese indica quale, secondo lui, sia l’unica soluzione alla vicenda. “Commissariamento. Subito, immediatamente. Perché siamo in uno stato di confusione che richiede, in questo momento, un intervento di pulizia generale. In questo momento non siamo all’altezza di gestire una competizione elettorale. La cosa che serve oggi è riscrivere le regole dell’associazione, con principi di equità, con il senso di giustizia. Dotare l’Aia di un organismo di controllo e di revisione terzo, al di sopra delle parti, lo dobbiamo anche agli italiani, ai tifosi, perché siamo un’associazione di diritto pubblico. Abbiamo dimostrato in vent’anni di aver fallito. Se vogliamo riacquistare la credibilità all’esterno, dobbiamo avere il coraggio in questo momento di partire da zero.“

Un consiglio a Rocchi

E fa un appello all’attuale designatore della classe arbitrale Gianluca Rocchi. “Siamo in una fase storica dove tutti, nessuno escluso, e quindi anche il valutatore, avrebbero dovuto fare gesti forti come il mio. Perché quando qualcosa inizia a diventare intollerabile bisognerebbe e avremmo probabilmente dovuto tutti fermarci e dimetterci“.

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