Il rapporto di Alessandra Mussolini con la sua famiglia: il nonno, il padre, i tradimenti, i legami con la zia Sophia Loren
Una famiglia “celebre, ma turbolenta”, come racconta la stessa Alessandra Mussolini al Corriere della Sera: ha parlato del padre, della zia Sophia Loren, della nonna. Papà Romano, il figlio del Duce, era un jazzista e tradiva la madre di Alessandra, Maria Scicolone, figlia della musicista Romilda Villani. La madre di Alessandra Mussolini non fu riconosciuta subito dal padre Riccardo Scicolone, genitore anche di Sophia Loren.
Intreccio di famiglia snocciolato dalla Mussolini nel libro “Il Gioco del Buio”, nel quale la nipote del Duce ha “riordinato” il quadretto, restituendo allo stesso una forma sentimentale. Tradimenti quindi, che poi si sono ripetuti anche dopo, con lei protagonista. Dal lato-vittima, s’intende. Il marito Mauro Floriani è risultato coinvolto nel caso delle squillo dei Parioli. “I tradimenti nella vita ci sono sempre”, ha scritto nel libro uscito in questi giorni per Minerva. Ma lei non perdona: “In questo libro c’è scritto chiaramente”.
L’estratto sulla zia Sophia Loren
“Mi zia era sempre in giro per il mondo o nella favolosa villa di Marino, faceva vita a sé. Aveva sposato un uomo, Carlo Ponti, decisamente austero rispetto a noi, freddo, arido. Comunque, parte dei soldi che zia aveva guadagnato con Quo vadis li diede a mia nonna perché comprasse il cognome “Scicolone” anche per mia mamma. Riccardo Scicolone, di cui mia nonna era stata amante, aveva riconosciuto zia Sofia, dandole il suo cognome, ma non mia mamma, che infatti portava il cognome di nonna, Villani. Lo pagarono per dare il cognome anche a mia mamma. La somma esatta non l’ho mai saputa ma so che comunque era una bella cifra. In ogni caso penso di averlo visto due volte, non sapevo neanche se con la sua famiglia vivesse a Roma o meno, non lo nominavamo mai”.
Il ricordo del Duce
Al contrario di quel che si pensi, Benito Mussolini non era una presenza assidua nella vita di Alessandra. Lei frequentava l’altro lato della famiglia: “Frequentavo durante le vacanze Villa Carpegna, ma la mia infanzia e in generale la mia vita le ho trascorse col ramo Scicolone, non col ramo Mussolini. Mio padre non lo nominava mai”. Il genitore “era un artista”, l’interesse era confinato alla musica.
“Viveva come gli artisti. Un piacione, tanti viaggi, tante donne, pochi soldi”. Ma a casa erano continui litigi: “Litigavano per i tradimenti di papà. Nonna li beccava e li riferiva perfidamente a mia mamma. Mamma se la prendeva con papà. Papà faceva quello che fanno gli uomini di solito: negava, negava, negava”.
Il rapporto tra la nonna di Alessandra Mussolini e sua madre
Suocera e nuora non andavano d’accordo. Non una novità nelle famiglie dell’epoca specialmente, ma nel loro caso Alessandra definisce il legame decisamente “burrascoso”.
“Un giorno mamma andò a operarsi di calcoli a Ginevra. Noi eravamo rimasti a Roma, da nonna. A un certo punto vado da nonna, che stava litigando col fratello in cucina. E lei, a proposito di mia mamma, mi disse in faccia: “Spero che tua madre muoia sotto i ferri”. Per la rabbia presi un tavolino e lo scaraventai contro la parete. Con mia zia Sophia era diversa, aveva fatto tanti sacrifici, aiutandola all’inizio della sua carriera nel cinema. Poi arrivò mia mamma, il matrimonio principesco con Romano Mussolini, i rotocalchi: pensò che a lei stessa non sarebbe rimasto nulla. Nonna Romilda viveva nella rabbia e nel rancore, mamma rinunciava a tutto, papà viveva di musica e dei suoi amori clandestini”.
Le porte chiuse nel mondo del cinema
Alessandra ha un cognome ingombrante, per questo si sarebbe sentita discriminata. E, per questo, le porte del cinema non si sono mai aperte davvero, sebbene vanti qualche apparizione anche con personaggi illustri, come Alberto Sordi, per il film di Ettore Scola. “Dopo ogni provino le risposte erano: troppo bella, troppo brutta, troppo alta, troppo magra, occhi troppo chiari. Il vero troppo forse era il cognome”, ha sospettato lei. Qualcuno che ebbe il coraggio di parlargliene apertamente ci fu. Era Dino Risi: “Me lo disse in faccia: ‘Tu vuoi fare il cinema con quegli occhi che ricordano tuo nonno? Almeno cambiati il cognome!'”.