L’incredibile storia del rapporto d’amicizia tra Franco Califano e Francis Turatello: il carcere, le accuse, la droga
Franco Califano fu accusato di “spacciare cocaina” per conto di Raffaele Cutolo e soprattutto del boss mafioso della malavita milanese Francis Turatello, con il quale aveva un rapporto d’amicizia. Era il 1984, uno scandalo che colpì l’artista nella maxi-operazione mossa contro la Nuova Camorra Organizzata, atta a fermare i contorni criminali che ruotavano attorno alle malefatte del cosiddetto “‘o Professore”. Con il film andato in onda due sere fa in Rai, tante cose stanno tornando a galla in merito alla vita del compianto artista, interpretato da Leo Gassman, il figlio di Alessandro, nipote di Vittorio.
Quell’amicizia “pericolosa” non fu mai negata dall’artista, che ne parlò esplicitamente nel libro “Senza manette”, la sua autobiografia. Nel celebre album “Tutto il resto è noia”, quel bimbo in copertina con Franco era proprio il figlio di Turatello, Eros. Quello che il cantante non si stancò mai di negare era il suo coinvolgimento diretto nelle attività losche della mafia. “Il fatto non sussiste”, e così Franco Califano si tolse di dosso quella macchia un po’ indelebile che lo accompagnò per tutta la vita. Dopo le accuse, tuttavia, i giudici fecero crollare le stesse perché “inattendibili” e perché “i fatti contestati non sono provati”.
Ad accusare (ingiustamente) Califano fu Giovanni Melluso, pentito di mafia, lo stesso che “inguaiò” il buon Enzo Tortora. Questo non ha impedito al cantante di vivere dietro le sbarre del carcere per un po’. E proprio lì compose un album sul quale incise le esperienze di vita vissute all’interno della struttura carceraria. Un’esperienza ripercorsa a più riprese nei vari libri e negli interventi televisivi. Qualcuno, però, ha sempre nutrito dubbi sul Califfo: “Erano amici, ti pare che non sia mai entrato in affari?”. Tuttavia, fu lo stesso pentito di mafia che poi ritrasse le sue falsità in un’intervista a L’Espresso di 14 anni fa: incastrò Califano così come fece già con Enzo Tortora.
“Devo chiedergli perdono, perché oltre a essere innocente, è stato al mio fianco in serate indimenticabili alle quali partecipava il boss Francis Turatello. Califano è padrino di battesimo di suo figlio. Consumava cocaina, amava fare la bella vita e si circondava di donne, ma non è mai stato uno spacciatore: soltanto un grande artista che la camorra mi aveva chiesto di screditare”.
Le parole del cantante sul boss: “Amici da quando arrivai a Milano”
Oridini dall’alto, dunque. “Ho iniziato la mia amicizia con Turatello quando sono arrivato a Milano tantissimi anni fa, quando ho iniziato la mia attività di autore”, spiegò l’artista al processo. Era giovanissimo quando conobbe Turatello, appena 24 anni. Il boss? 19. “Aveva il figlio appena nato, conobbi lui, la mamma e il figlio. Ebbi poche occasioni di coltivare questa amicizia perché lui è stato dentro, il più delle volte”. Quando “l’amico” era dietro le sbarre, “io frequentavo molto la mamma, che chiamavo zia Luisa. Il figlio invece mi chiamava zio. Non l’ho tenuto a battesimo come si è detto, comunque se questo fosse vero io ne sarei anche orgoglioso. Amo i bambini, lo sanno tutti”.
Ma in merito a Francis, “lui mi ha sempre tenuto al di fuori dai suoi affari”. Quindi la spiegazione, con la quale si dissociava dalle accuse piovutegli addosso:
“A questo proposito voglio dire che se io avevo la possibilità di fornirmi di questi quantitativi enormi di droga da Turatello non avrei dovuto fare ricorso a D’Amico. Non ci sarebbe stato nessun senso che io poi andassi a fare dei concerti gratuitamente dal momento che io, amico di Turatello, potevo avere a disposizione tutto quello che volevo in qualunque momento”.
Francesco Turatello morì assassinato brutalmente proprio in carcere, in quello di massima sicurezza di Badu ‘e Carrios, in Sardegna. Era il 17 agosto del 1981, aveva appena 37 anni. Latitante a lungo, era ricercato in molte città italiane prima di essere preso, arrestato e condannato il 2 aprile del 1977.