Il caso di Angelo Menapace lascia interdetti: il 67enne è un pensionato che è tornato al lavoro per aiutare il cugino in cambio di un compenso perlopiù simbolico, ma questo non è andato bene all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
Si chiama Angelo Menapace, era un panettiere e, a 67 anni, si stava godendo il meritato riposo dopo una vita di fatica: tuttavia, il pensionato ha scelto di tornare al lavoro per aiutare suo cugino nella gestione della sua attività, ma ora l’Inps gli ha chiesto ben 19mila euro. Il motivo è lapalissiano: “Ha svolto un lavoro dopo la pensione”. Ciò che sconvolge il protagonista di Tuenno, in provincia di Trento, è l’importo che deve all’istituto. Il 67enne definisce la situazione “kafkiana”, con ben pochi precedenti in tutta l’Italia. Anzi, forse esagerando, sostiene che sicuramente non vi sono casi simili “forse nel mondo”.
Pare che per svolgere il lavoro abbia guadagnato appena 280 euro al mese, si comprende che si è trattato perlopiù di un modo per aiutare il familiare nel mese di agosto del 2021. Probabilmente esausto dai lockdown e dalle restrizioni a causa della pandemia di Covid-19, spinto dal desiderio di altruismo, Angelo ha deciso di rimettersi in gioco, ma questo non gli era consentito L’ex panettiere si era ritirato grazie a Quota 100 ben quattro anni fa, quando ne aveva 63, come riportato da L’Adige. La storia è venuta a galla oggi con l’intervista di Menapace, ma i fatti risalgono proprio in quell’agosto di tre anni fa, quando il cugino gli chiese un aiuto nel suo locale: una pescheria gestita dal familiare di Angelo.
L’Inps respinge il ricorso: “Deve pagare 19mila euro”
“Era disperato”, ha raccontato il protagonista infelice della vicenda. “All’inizio ero restio, ma vedendo la sua situazione ho accettato, ma a una condizione: mettermi in regola”. Il primo mese di lavoro ha accumulato 30 ore, per un compenso di 280 euro. Ad ottobre ha scoperto che quell’assunzione non era compatibile. Recatosi all’Inps, ha scoperto che sebbene si trattasse di un basso importo, avrebbe comunque rischiato in base “al funzionario” di turno. L’anno seguente, l’Istituto gli ha notificato la restituzione di un anno di pensione, l’equivalente di 19mila euro, una richiesta ritenuta “eccessiva” da Angelo a fronte di un compenso di appena 280 euro.
Anche il ricorso presentato non è stato sufficiente, respinto dall’Inps. Ed è così che Angelo stavolta ha deciso di mettere di mezzo l’avvocato: “Non riesco a capire: come faccio a tirare fuori questo denaro?”, si è chiesto. “Cosa insegno ai miei tre figli? Che è meglio lavorare in nero per non avere problemi? Per oltre 40 anni ho sempre pagato le tasse”, è stata l’amara considerazione finale.