Il bellissimo rapporto tra l’ateo e matematico Piergiorgio Odifreddi e Papa Ratzinger

Papa Ratzinger si spense proprio il 31 dicembre del 2022 e Piergiorgio Odifreddi, noto matematico ateo, ha voluto ricordare l’uomo di chiesa, sempre vicino al confronto con il prossimo, proprio in merito ad una conversazione che ebbero sull’esistenza di Gesù. Insieme all’allora pontefice pubblicò un paio di libri a doppia firma: “Caro Papa teologo, caro matematico ateo. Dialogo tra fede e ragione”, del 2013; “In cammino alla ricerca della Verità. Lettere e colloqui con Benedetto XVI”, del 2022. In questi giorni Fanpage ha sviscerato il legame che intercorreva con Joseph Ratzinger, che nel 2013 rispose anche con una lunghissima lettera al matematico, ribattendo punto per punto sulle questioni emerse nel primo dei due libri in cui hanno collaborato. Tanto poi da costringere Piergiorgio Odifreddi a cambiare il titolo del libro, rendendolo a doppia firma.

Odifreddi ha frequentato il seminario, ma non per fede: bensì per curiosità. “Non mi interessava diventare prete, tanto meno missionario, ma proprio Papa. Sono nato nel 1950. All’epoca alla tv si vedevano solo Mike Bongiorno e Pio XII. La scelta tra questi due modelli fu per me abbastanza semplice”. Divenne ateo:

“L’infatuazione per la religione è durata molto poco. Direi che sono diventato ateo non appena ho raggiunto l’età della ragione, verso i 13-14 anni, non a caso nel periodo della pubertà. Capii che le spiegazioni che mi avevano dato fino ad allora sulla creazione del mondo e quella dell’uomo erano un po’ infantili. Andavano bene per bambini, ma non per gli adulti. Questo che sto dicendo naturalmente non piace ai credenti. Ma io penso davvero che la fede sia un atteggiamento infantile nei confronti del mondo esterno”.

Dopo anni, Papa Ratzinger replicò con una lunghissima lettera:

“Ci fu una concomitanza di eventi fortunati. Un altro mio libro precedente, molto urticante e provocatorio e intitolato “Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)”, venne letto da un monsignore di larghe vedute che lavorava presso la Segreteria di Stato vaticana. Mi scrisse dicendomi che il mio libro gli era molto piaciuto e che avrebbe gradito un incontro a Roma (…). Andai e scoprii che questo monsignore conosceva padre Georg Gänswein, segretario di Benedetto XVI. Quando Ratzinger si dimise gli chiesi se avrebbe potuto fargli arrivare “Caro Papa ti scrivo” e lui mi rispose: “Beh sì, tentar non nuoce”. Diedero il libro a padre Georg, che lo consegnò al Papa emerito. Mi dissero che lo stava leggendo e che forse avrebbe risposto”.

Una risposta enorme: “Mi inviò un profluvio di una dozzina di pagine fittamente scritte con commenti puntuali a tutti i capitoli”. Fu l’occasione per fare uscire le successive edizioni di “Caro Papa ti scrivo”, il titolo originario del primo dei due libri, a doppia firma, con il titolo nuovo.

“La prima volta ci incontrammo nel dicembre del 2013, pochi mesi dopo le sue dimissioni. Lì dev’essere scattata una simpatia reciproca: mi chiese di tenerci in contatto e un paio di mesi dopo mi scrisse una nuova lettera per una precisazione in merito a un teologo di cui avevamo parlato, Pseudo Dionigi Areopagita. Io pensai: “Il Papa mi provoca…”. Così gli riscrissi una lunga lettera e da quel momento in poi ci siamo incontrati ogni anno, fino al Covid. Un anno fa gli ho fatto avere i resoconti di tutti le nostre conversazioni, chiedendogli se avrei potuto pubblicarle. Annuì, con mia grande sorpresa. Così è nato un altro libro: In cammino alla ricerca della verità. Lettere e colloqui con Benedetto XVI. Fece fare la prefazione al Cardinal Ravasi, suo amico ma mio acerrimo nemico. In precedenza Ravasi mi aveva “scomunicato” dicendo pubblicamente: “Noi facciamo un cortile dei gentili in cui incontriamo gli atei e discutiamo, però devono essere persone che ci prendono sul serio, non che ci sbeffeggiano sistematicamente come questo Piergiorgio Odifreddi”. Evidentemente Ratzinger ci stimava e voleva rappacificarci. Un giorno, in udienza, mi disse: “Avete smesso di farvi la guerra, lei e Ravasi?”.

Scrisse di nuovo al Papa “poco prima che entrasse in coma”. Nel privato ammette che i due non litigavano mai, nonostante le divergenze di opinioni e pensieri. Altro aneddoto carino, il matrimonio del matematico:

“Quando mi sono sposato mi ha fatto gli auguri, dicendomi: “Lei si è sposato il 25 marzo, data certamente non scelta a caso”. Controllai: erano esattamente 9 mesi prima del giorno di Natale. Nove mesi prima corrispondevano al concepimento di Gesù. In una lettera molto tenera mi scrisse anche: “Mi stupisco che lei, alla sua non più tenera età, abbia deciso di unirsi per tutta la vita con una donna”. Non ebbi la sfrontatezza di rispondergli che però per me si trattava del terzo matrimonio e per mia moglie del secondo… Lui pensava che avessi atteso fino a 60 anni per sposarmi. Macché, avevo già divorziato due volte…”.

Il tema della morte

“Quello sulla morte è stato un argomento costante nelle nostre conversazioni. Un giorno parlavamo della mia famiglia: lui era nato nel 1927, mia madre nel 1926, quindi erano accumunati da vari acciacchi dell’età, ad esempio erano entrambi ciechi da un occhio e non riuscivano più a camminare. Gli dissi che un giorno avrei voluto dialogare di come un ateo come me vede la morte e lui mi rispose che era molto interessato. Ci scrivemmo delle lettere al riguardo, gli spiegai che per me la morte è un evento naturale e che non ritenevo ci fosse niente dopo di essa. Nel 2020 lui perse il fratello e pochi mesi dopo se ne andò anche mia madre. Gli scrissi una lettera un po’ diversa dalle precedenti, abbandonai la teoria e gli raccontai di come un ateo vive – in pratica – la morte di una persona cara. Lui mi rispose che si era commosso, mi raccontò dei suoi genitori. Fu molto emozionante”.

Darwin ed evoluzionismo

“Ne parlammo soprattutto agli inizi. Il Vaticano nel 2007 aveva organizzato un convegno su religione ed evoluzionismo al quale parteciparono soprattutto ex allievi del Papa, tant’è vero che venne chiamato “Il circolo di Ratzinger”. Un piccolo numero di studiosi. Benedetto XVI all’epoca era ancora Papa e credeva nel “disegno intelligente”, una forma di creazionismo “aggiornato” in cui si ammetteva che esistono anche le leggi di natura. Ebbene, per Ratzinger tutto funzionava come sosteneva Darwin, fino all’arrivo dell’uomo. Da quel momento in poi secondo il Papa entrava in gioco l’anima, quindi era stato necessario un intervento diretto di Dio”.

E Odifreddi?

“Naturalmente gli scienziati non credono alla teoria del “disegno intelligente”. Ne parlammo. Lui poco dopo essere stato eletto fece scrivere al potente cardinale Christoph Schonborn un articolo sul New York Times in cui si equiparava la teoria dell’ evoluzione a un’ ideologia, poiché esclude a priori ogni ruolo di Dio. Non potevamo essere d’accordo. Da matematico, comunque, a me interessava di più parlare di logica. Dialogammo a lungo di Kurt Friedrich Gödel, il più grande logico del ‘900, che sostenne di aver dimostrato nientemeno che l’esistenza di Dio, con tanto di calcoli matematici. Di questo discutemmo molto a lungo perché era un argomento più vicino ai miei interessi e anche alla teologia tradizionale. Alla fine lui mi guardò e mi disse: “Lei crede davvero che per un fedele sia  rilevante dimostrare matematicamente l’esistenza di Dio?”. Insomma, neanche il Papa dava grande importante alle presunte prove dell’esistenza del Padreterno”.

L’esistenza di Gesù: il dialogo tra Papa Ratzinger e Piergiorgio Odifreddi

Da Fanpage chiedono se cosa rispose il Papa dinanzi alle affermazioni dure di Odifreddi, che sosteneva la mancata esistenza di Gesù: “Di lui non ci sono praticamente tracce nella storia ufficiale dell’epoca” scrisse il matematico.

“Ma guardi, io stesso non avrei mai messo in dubbio l’esistenza di Gesù. Poi, scrivendo “Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)”, ho studiato più a fondo la questione. Chiaramente tutti i Vangeli sono costruiti ad arte e tutte le storie sulla nascita e morte di Gesù sono dei taglia-incolla da citazioni bibliche, come dimostrano tutte le note redatte dalla Cei stessa. Lì ho cominciato a dubitare effettivamente della veridicità dei Vangeli, ognuno dei quali tra l’altro restituisce una versione di Gesù diversa. Certo, non si può certo escludere che 2mila anni fa in Palestina sia esistito qualcuno chiamato Gesù, ma chiaramente non quello che tutti noi pensiamo”.

La risposta del Papa:

“In una lettera mi scrisse: “Le cose che lei dice di Gesù non sono degne del suo rango scientifico”. Mi invitò a studiare e mi indicò anche delle fonti, invitandomi a leggere il teologo protestante premio Nobel per la Pace Albert Schweitzer. Quest’ultimo scrisse un tomo di mille pagine, una ricerca sul Gesù storico dalla quale si evinceva chiaramente che avevo ragione io. Chiunque legga i Vangeli in maniera disincantata si accorge che le cose che ci sono scritte su Gesù sono incredibili, nel senso che non sono da credere. Risposi a Ratzinger che forse quelle considerazioni non erano del rango scientifico di un matematico, ma che le stesse erano del rango scientifico dei teologi del ‘900. Schweitzer, che Ratzinger mi aveva invitato a leggere, sbeffeggiava letteralmente i Cattolici, sostenendo che sono dogmatici ed ortodossi”.

L’intervista si conclude con il matematico che non lascia false illusioni agli inguaribili romantici che vorrebbero un lieto fine in cui le due teorie parallele divergessero: ecco perché, arrivati ad un certo punto, “abbiamo smesso di parlare di religione”. Alla fine tra i due la costante è sempre stata dettata dal “grande rispetto” reciproco.

Di seguito la lunghissima lettera che il Papa rivolse al matematico ateo dieci anni fa

ll. mo Signor Professore Odifreddi, (…) vorrei ringraziarLa per aver cercato fin nel dettaglio di confrontarsi con il mio libro e così con la mia fede; proprio questo è in gran parte ciò che avevo inteso nel mio discorso alla Curia Romana in occasione del Natale 2009. Devo ringraziare anche per il modo leale in cui ha trattato il mio testo, cercando sinceramente di rendergli giustizia.

Il mio giudizio circa il Suo libro nel suo insieme è, però, in se stesso piuttosto contrastante. Ne ho letto alcune parti con godimento e profitto. In altre parti, invece, mi sono meravigliato di una certa aggressività e dell’avventatezza dell’argomentazione. (…)

Più volte, Ella mi fa notare che la teologia sarebbe fantascienza. A tale riguardo, mi meraviglio che Lei, tuttavia, ritenga il mio libro degno di una discussione così dettagliata. Mi permetta di proporre in merito a tale questione quattro punti:

  1. È corretto affermare che “scienza” nel senso più stretto della parola lo è solo la matematica, mentre ho imparato da Lei che anche qui occorrerebbe distinguere ancora tra l’aritmetica e la geometria. In tutte le materie specifiche la scientificità ha ogni volta la propria forma, secondo la particolarità del suo oggetto. L’essenziale è che applichi un metodo verificabile, escluda l’arbitrio e garantisca la razionalità nelle rispettive diverse modalità.
  2. Ella dovrebbe per lo meno riconoscere che, nell’ambito storico e in quello del pensiero filosofico, la teologia ha prodotto risultati durevoli.
  3. Una funzione importante della teologia è quella di mantenere la religione legata alla ragione e la ragione alla religione. Ambedue le funzioni sono di essenziale importanza per l’umanità. Nel mio dialogo con Habermas ho mostrato che esistono patologie della religione e – non meno pericolose – patologie della ragione. Entrambe hanno bisogno l’una dell’altra, e tenerle continuamente connesse è un importante compito della teologia.
  4. La fantascienza esiste, d’altronde, nell’ambito di molte scienze. Ciò che Lei espone sulle teorie circa l’inizio e la fine del mondo in Heisenberg, Schrödinger ecc., lo designerei come fantascienza nel senso buono: sono visioni ed anticipazioni, per giungere ad una vera conoscenza, ma sono, appunto, soltanto immaginazioni con cui cerchiamo di avvicinarci alla realtà. Esiste, del resto, la fantascienza in grande stile proprio anche all’interno della teoria dell’evoluzione. Il gene egoista di Richard Dawkins è un esempio classico di fantascienza. Il grande Jacques Monod ha scritto delle frasi che egli stesso avrà inserito nella sua opera sicuramente solo come fantascienza. Cito: “La comparsa dei Vertebrati tetrapodi… trae proprio origine dal fatto che un pesce primitivo “scelse” di andare ad esplorare la terra, sulla quale era però incapace di spostarsi se non saltellando in modo maldestro e creando così, come conseguenza di una modificazione di comportamento, la pressione selettiva grazie alla quale si sarebbero sviluppati gli arti robusti dei tetrapodi. Tra i discendenti di questo audace esploratore, di questo Magellano dell’evoluzione, alcuni possono correre a una velocità superiore ai 70 chilometri orari…” (citato secondo l’edizione italiana Il caso e la necessità, Milano 2001, pagg. 117 e sgg.).

In tutte le tematiche discusse finora si tratta di un dialogo serio, per il quale io – come ho già detto ripetutamente – sono grato. Le cose stanno diversamente nel capitolo sul sacerdote e sulla morale cattolica, e ancora diversamente nei capitoli su Gesù. Quanto a ciò che Lei dice dell’abuso morale di minorenni da parte di sacerdoti, posso – come Lei sa – prenderne atto solo con profonda costernazione. Mai ho cercato di mascherare queste cose. Che il potere del male penetri fino a tal punto nel mondo interiore della fede è per noi una sofferenza che, da una parte, dobbiamo sopportare, mentre, dall’altra, dobbiamo al tempo stesso, fare tutto il possibile affinché casi del genere non si ripetano. Non è neppure motivo di conforto sapere che, secondo le ricerche dei sociologi, la percentuale dei sacerdoti rei di questi crimini non è più alta di quella presente in altre categorie professionali assimilabili. In ogni caso, non si dovrebbe presentare ostentatamente questa deviazione come se si trattasse di un sudiciume specifico del cattolicesimo.

Se non è lecito tacere sul male nella Chiesa, non si deve però, tacere neppure della grande scia luminosa di bontà e di purezza, che la fede cristiana ha tracciato lungo i secoli. Bisogna ricordare le figure grandi e pure che la fede ha prodotto – da Benedetto di Norcia e sua sorella Scolastica, a Francesco e Chiara d’Assisi, a Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, ai grandi Santi della carità come Vincenzo dè Paoli e Camillo de Lellis fino a Madre Teresa di Calcutta e alle grandi e nobili figure della Torino dell’Ottocento. È vero anche oggi che la fede spinge molte persone all’amore disinteressato, al servizio per gli altri, alla sincerità e alla giustizia. (…)

Ciò che Lei dice sulla figura di Gesù non è degno del Suo rango scientifico. Se Lei pone la questione come se di Gesù, in fondo, non si sapesse niente e di Lui, come figura storica, nulla fosse accertabile, allora posso soltanto invitarLa in modo deciso a rendersi un po’ più competente da un punto di vista storico. Le raccomando per questo soprattutto i quattro volumi che Martin Hengel (esegeta dalla Facoltà teologica protestante di Tübingen) ha pubblicato insieme con Maria Schwemer: è un esempio eccellente di precisione storica e di amplissima informazione storica. Di fronte a questo, ciò che Lei dice su Gesù è un parlare avventato che non dovrebbe ripetere. Che nell’esegesi siano state scritte anche molte cose di scarsa serietà è, purtroppo, un fatto incontestabile. Il seminario americano su Gesù che Lei cita alle pagine 105 e sgg. conferma soltanto un’altra volta ciò che Albert Schweitzer aveva notato riguardo alla Leben-Jesu-Forschung (Ricerca sulla vita di Gesù) e cioè che il cosiddetto “Gesù storico” è per lo più lo specchio delle idee degli autori. Tali forme mal riuscite di lavoro storico, però, non compromettono affatto l’importanza della ricerca storica seria, che ci ha portato a conoscenze vere e sicure circa l’annuncio e la figura di Gesù.

(…) Inoltre devo respingere con forza la Sua affermazione (pag. 126) secondo cui avrei presentato l’esegesi storico-critica come uno strumento dell’anticristo. Trattando il racconto delle tentazioni di Gesù, ho soltanto ripreso la tesi di Soloviev, secondo cui l’esegesi storico-critica può essere usata anche dall’anticristo – il che è un fatto incontestabile. Al tempo stesso, però, sempre – e in particolare nella premessa al primo volume del mio libro su Gesù di Nazaret – ho chiarito in modo evidente che l’esegesi storico-critica è necessaria per una fede che non propone miti con immagini storiche, ma reclama una storicità vera e perciò deve presentare la realtà storica delle sue affermazioni anche in modo scientifico. Per questo non è neppure corretto che Lei dica che io mi sarei interessato solo della metastoria: tutt’al contrario, tutti i miei sforzi hanno l’obiettivo di mostrare che il Gesù descritto nei Vangeli è anche il reale Gesù storico; che si tratta di storia realmente avvenuta. (…)

Con il 19° capitolo del Suo libro torniamo agli aspetti positivi del Suo dialogo col mio pensiero. (…) Anche se la Sua interpretazione di Gv 1,1 è molto lontana da ciò che l’evangelista intendeva dire, esiste tuttavia una convergenza che è importante. Se Lei, però, vuole sostituire Dio con “La Natura”, resta la domanda, chi o che cosa sia questa natura. In nessun luogo Lei la definisce e appare quindi come una divinità irrazionale che non spiega nulla. Vorrei, però, soprattutto far ancora notare che nella Sua religione della matematica tre temi fondamentali dell’esistenza umana restano non considerati: la libertà, l’amore e il male. Mi meraviglio che Lei con un solo cenno liquidi la libertà che pur è stata ed è il valore portante dell’epoca moderna. L’amore, nel Suo libro, non compare e anche sul male non c’è alcuna informazione. Qualunque cosa la neurobiologia dica o non dica sulla libertà, nel dramma reale della nostra storia essa è presente come realtà determinante e deve essere presa in considerazione. Ma la Sua religione matematica non conosce alcuna informazione sul male. Una religione che tralascia queste domande fondamentali resta vuota.

Ill. mo Signor Professore, la mia critica al Suo libro in parte è dura. Ma del dialogo fa parte la franchezza; solo così può crescere la conoscenza. Lei è stato molto franco e così accetterà che anch’io lo sia. In ogni caso, però, valuto molto positivamente il fatto che Lei, attraverso il Suo confrontarsi con la mia Introduzione al cristianesimo, abbia cercato un dialogo così aperto con la fede della Chiesa cattolica e che, nonostante tutti i contrasti, nell’ambito centrale, non manchino del tutto le convergenze.

Con cordiali saluti e ogni buon auspicio per il Suo lavoro.

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