La cassiera di un supermercato Pam si era rifiutata di indossare la mascherina in ambiente di lavoro ed è stata licenziata, ma il giudice ha respinto il ricorso
Dopo essere stata licenziata per non aver indossato la mascherina al lavoro, una cassiera ha fatto ricorso impugnando il licenziamento per illegittimità ma il giudice ha rigettato la richiesta della donna. È quanto accaduto a un’impiegata di un supermercato Pam di Villorba, Treviso, che si è rifiutata di indossare la mascherina come prevede il protocollo aziendale. Una volta licenziata, la donna ha fatto ricorso al giudice del lavoro di Venezia, chiedendo anche danni e arretrati. Tuttavia il tribunale ha bocciato il ricorso dando pienamente ragione a Pam Spa. Poiché la sanzione dei datori di lavoro della cassiera, oltre che corretta, è stata legittima.
Quello che ha reso nota la vicenda è che l’oggetto della contestazione sarebbe il protocollo aziendale applicato anche alla fine dell’obbligo di legge di portare la mascherina. La vicenda, infatti, risale alla fine dello stato d’emergenza. E alla successiva cessazione dell’obbligo di legge sull’utilizzo delle mascherine. Nonostante ciò restava in atto il protocollo sulle misure di contenimento del Covid in ambiti lavorativi. L’azienda o il datore di lavoro, quindi, poteva obbligare a indossare la mascherina in determinati contesti lavorativi.
I numerosi rifiuti della cassiera
Proprio nell’agosto del 2022 il gruppo Pam aggiornò il protocollo sottoscrivendo l’obbligo di indossare almeno le mascherine chirurgiche. Ed elencando una serie di sanzione nei confronti di chi avesse trasgredito. Malgrado, dunque, i numerosi inviti dell’azienda, la cassiera, dipendente Pam da quasi vent’anni, si era sempre rifiutata di indossare l’obbligatorio dispositivo di protezione. Oltre a ciò alla scelta di abbandonare il turno se non l’avesse indossata, lei si sarebbe sempre rifiutata di allontanarsi.
In un determinato caso avrebbe anche fatto arrivare all’interno del supermercato alcuni conoscenti. I quali avrebbero ripreso con il cellulare dipendenti e clienti e registrato conversazioni con i colleghi. E dopo mesi di avvisi, sanzioni e addirittura una sospensione di dieci giorni per condotta inaccettabile, arriva il licenziamento.
La decisione del giudice
Il giudice del lavoro di Venezia ha decretato quindi che mentre “la scelta del datore di lavoro è proporzionata e risponde al criterio di precauzione”, l’opposizione della donna “è caratterizzato per una provocatoria pervicacia che si è manifestata nel volere rimanere presente senza mascherina pur sapendo di non poter lavorare, nel riprendere gli altri colleghi e nell’aver convocato un gruppo di conoscenti che hanno creato scompiglio riprendendo lavoratori e clienti.”
Il giudice veneto non ha pertanto reputato che la Pam Spa “abbia adottato un atteggiamento persecutorio o discriminatorio» nei confronti della donna e pertanto «la massima sanzione espulsiva appare proporzionata alla reiterazione dell’inadempimento.”