Margherita Botto, 74enne milanese, docente universitaria di letteratura francese e nota traduttrice, è morta per suicidio assistito nella mattinata di martedì 28 novembre, in Svizzera. La donna affetta da adenocarcinoma al terzo stadio ha liberamente deciso di porre fine alla sua vita in modo dignitoso attraverso il suicidio assistito. Prima di andarsene, però, la 74enne ha spiegato i motivi della sua scelta in una lettera.
La lettera di Margherita Botto, morta per suicidio assistito in Svizzera
“Le mie speranze di giungere alla guarigione e di poter ritornare ad una qualità della vita non dico soddisfacente, ma almeno accettabile, sono molto ridotte o nulle”. Sono le ultime parole di Margherita Botto, morta per suicidio assistito in una clinica in Svizzera. “Il proseguimento del protocollo di cura mi esporrebbe a ulteriori sofferenze per almeno un anno o più, senza molte probabilità di successo. In questa situazione intendo liberamente ed autonomamente porre fine al protocollo di cure, affrontandone consapevolmente le infauste conseguenze”.
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Il fratello della defunta e tutti quelli che l’hanno accompagnata si autodenunceranno ai carabinieri
Ad accompagnare Margherita Botto nel suo ultimo viaggio verso il suicidio assistito è stato il fratello Paolo Botto e Cinzia Fornero, dell’associazione Soccorso Civile. Tale organizzazione fornisce assistenza a persone come Margherita, che decidono di voler morire all’estero. Insieme a loro c’è anche il presidente Marco Cappato. Tutti e 3 domani, assistiti dall’avvocata Filomena Gallo, si autodenunceranno ai carabinieri di Milano. A tal proposito, l’associazione ha dichiarato: “Sono ancora molte le persone gravemente malate costrette a raggiugere la Svizzera per poter accedere al suicidio medicalmente assistito, perché potenzialmente discriminate dalla sentenza della Corte costituzionale”.