Devastata dalla notizia, una giovanissima ragazza neolaureata in Marketing, Brielle Asero, si è sfogata su TikTok dinanzi alla scoperta del mondo del lavoro, nudo e crudo: “Non pensavo fosse così deprimente la vita lavorativa”. Illusa probabilmente da sogni di gioventù, la bella Brielle si è scontrata con la realtà, comprendendo che oltre al tanto studio, adesso c’è bisogno di rimboccarsi ancora le maniche. Il suo turno comincia alle 9 e termina alle 17, occupandole metà della giornata, un po’ come accade a chiunque. Stare al passo con i ritmi del lavoro e con certi orari, continuativamente, non sembra stimolarla moltissimo.
“Lavoro in presenza e mi ci vuole un’eternità per arrivare. Non ho tempo per fare nulla. Voglio fare la doccia, cenare, andare a dormire, ma è diventato tutto complicato. Non ho l’energia per fare sport, non ho tempo per fare nulla e sono molto stressata”. Probabilmente non ha scoperto razionalmente oggi cosa voglia dire lavorare per 8 ore. Ci stupiremmo di questo. Al contrario, la giovane deve aver realizzato nella pratica cosa voglia dire, includendo anche gli orari fuori dal turno, che comprendono altro investimento di tempo. Prepararsi, farsi la doccia, appunto. Ma, soprattutto, il tragitto casa-lavoro e lavoro-casa, che consiste in altre due ore da aggiungere al tempo tolto alla vita sociale: “Ogni giorno devo fare un viaggio di un’ora” all’andata, altrettanto al ritorno.
“Noi della generazione Z lavoriamo come i vecchi ma con salari più bassi”
Non ha scelto TikTok solo per lamentarsi della sua situazione, al contrario, ha approfittato dell’utenza social per chiedere un consiglio in merito alla gestione dei turni di lavoro, della vita in generale. “Voi come fate o come fareste?”. Purtroppo per la povera Brielle le risposte non includono particolari consigli tecnici, ma solo pratici e diretti alla sua persona: “Riprenditi”, i più cattivi. Chi sceglie una vita più civile, le rinfaccia il fatto di essere semplicemente “pigra”. All’ennesimo attacco, Asero ha ripreso in mano il telefonino e ha spiegato: “Non capisco come la mia storia sia diventata una discussione di tipo politico quando tutto quello che cercavo di fare era avviare una conversazione e essere rispettosa delle persone. Volevo solo riunire i ragazzi e le ragazze che la pensano in questo modo per incitare possibilmente al cambiamento”.
In conclusione, ha posto l’accento su una questione che effettivamente è sempre più in voga tra i giovanissimi, ma che nel suo caso rischia di essere una scusante. “Noi della generazione Z lavoriamo tanto quanto le persone che ci hanno preceduto, solo che lo facciamo con salari più bassi e costi di produzione più alti”. Ha ragione lei?