Si spacciava per pilota di F1, ma diventava anche il rampollo di una famiglia nobiliare o qualsiasi altra cosa, purché cambiasse modus operandi di città in città: le malefatte di Francesco Riva, truffatore seriale

Alle sue vittime raccontava di essere il rampollo di una storica casata nobiliare, ma il truffatore dalle mille identità si è anche finto pilota di F1: Francesco Riva diventava chiunque, in base alla città dove viveva. Proprio a Roma aveva detto di essere un pilota della massima categoria di automobilismo, addirittura con residenza nel Principato di Monaco, giocando proprio sul facile equivoco con Charles Leclerc, pilota monegasco. La tattica basilare dei truffatori, che nel caso in questione – per esempio -, puntano sul fatto che la Formula 1 sia decisamente poco popolare tra le donne, a conoscenza probabilmente solo di informazioni sommarie sui piloti, ottenute magari dinanzi a fatti extra-sportivi, come gli episodi di cronaca che hanno riguardato proprio i due ferraristi di Maranello, vittime di furti di orologi.

Proprio a Roma era ritenuto “l’incubo dei Bed&Breakfast”, dove prenotava, dormiva e andava via senza pagare, sfruttando espedienti furbi. Sceglieva ovviamente i luoghi dove non era necessario versare in anticipo la somma prevista. A Roma aveva convinto una ragazza a farsi pagare cene e pernottamenti in costosissimi boutique hotel. Francesco Riva è un truffatore seriale che ne ha combinate tantissime in tutta Italia.

L’uomo è stato arrestato a Milano, aveva condanne già passate in giudicato. Le forze dell’ordine lo hanno trovato in un appartamento sull’Alzaia Naviglio Grande e la compagnia del commissariato Porta Genova ha provveduto all’arresto, avvenuto in realtà quasi per una contigenza, in seguito ad una litigata sorta tra padroni di cani su strada. Ma procediamo per gradi.

Chi è Francesco Riva: la storia del truffatore 42enne di bell’aspetto, che si è finto pilota di F1

Il 42enne è un uomo di bell’aspetto, spesso diceva alle vittime di godere di una parentela con la sua facoltosa famiglia di imprenditori, che avrebbe gestito la tanto discussa Ilva di Taranto. Quando riusciva a conquistare la fiducia delle donne che “selezionava”, agiva con il suo piano diabolico: non pagava l’affitto e convinceva le vittime a versargli denaro. Una tattica ormai risaputa, che tuttavia continua a riscuotere successo. Le convinceva grazie al finto lusso che poteva sfoggiare, anch’esso frutto di truffe pregresse.

La ricostruzione

L’uomo ha ricevuto decine di denunce provenienti da tutta Italia, che ci permettono di ricostruire la storia dalla primavera del 2015, quando conobbe un giovane americano benestante al quale cominciò a raccontare la trafila di invenzioni per arrivare a mettere a segno una delle tante malefatte. Diceva di essere il rampollo di una famiglia nobiliare, aggiungendo l’immancabile Ilva di Taranto, ma, al contempo, di avere il conto bloccato a causa della magistratura, che avrebbe disposto presunti sequestri al suo “ingente” patrimonio. All’uomo aveva detto di essere proprietario di una villa in Versilia, nella quale sarebbe stato suo ospite. Tra una ‘fesseria’ e l’altra, riusciva anche a strappare denaro: “Mi presti 200mila euro?”, dando l’idea di aver chiesto briciole, in grado di ripagare in qualsiasi momento, una volta sbloccata la sua situazione privata.

Le truffe

Con il denaro ricevuto è riuscito a farsi strada, cominciando a mettere in atto sul serio tutte le truffe successive. Era riuscito a pagare pranzi e cene in un ristorante di Viareggio, anticipando al gestore duemila euro, saldando tutto con altri 5mila euro attraverso assegno con scritta apocrifa. Come verificato dalla Procura di Tempio Pausania, successivamente avrebbe derubato un’amica di Olbia, prelevando denaro dai conti della stessa, soggiornando in un albergo mai saldato. Stavolta, era diventato un acquirente di un’azienda metallurgica dell’isola. Tre anni dopo l’inizio delle malefatte, lo abbiamo ritrovato a Roma e aveva ormai acquisito altre nozioni al passo con i tempi, probabilmente anche grazie ad altri truffatori seriali che potrebbero averlo ispirato nelle riproposizioni cinematografiche o nei documentari (come “Il truffatore di Tinder”, su Netflix).

A Roma, l’incubo dei Bed&Breakfast

Nella Capitale aveva deciso di attirare l’attenzione di molte donne grazie allo stesso iter adottato da molti “omologhi”: chat d’incontri e tante foto su yacht e in luoghi di un certo tipo. Che sia un campo da golf o una corsa a cavallo, l’importante era dimostrare di godere di uno stile di vita di un certo livello. Quando riusciva a fare aboccare il pesce all’amo, usava scuse molto simili: “Non so come farmi perdonare, ho dimenticato tutto a casa, sono senza soldi, né carte”.

L’arresto casuale per una banale lite in strada

Il tutto è venuto a galla per caso, come dicevamo. La veloce inchiesta dei poliziotti ha portato alla luce tante altre magagne di Riva. Ad esempio, si è scoperto che attualmente l’uomo non pagava l’affitto da quasi un anno. I poliziotti hanno fatto un’indagine veloce e l’inchiesta ha permesso di scoprire molte cose sul truffatore, scattata grazie al dirigente Giovanni Meuli, che ha coordinato i poliziotti già da qualche settimana, proprio per via di quella banale lite in strada di cui vi parlavamo. Gli agenti erano sulle tracce di Riva da un po’, e proprio da quella sfuriata in strada, dove oltretutto fu proprio Francesco ad avere la peggio.

Uno dei due litiganti era proprio lui infatti, che si spacciava per tale Federico Della Rovere. Francesco è stato colpito da una testata che gli ha provocato ferite guaribili in metà settimana. Da lì sono scattate le indagini delle forze dell’ordine, che mentre cercavano di scoprire di più sull’aggressore, venivano a conoscenza dei fatti riguardanti Riva, la vittima del diverbio e dell’aggressione in strada. Ad esempio l’uomo aveva un cumulo di pene da scontare pari a quasi 5 anni, come previsto dal provvedimento del Tribunale di Genova. Poi ci ha pensato la banca dati a svelare tutte le malefatte, con procedimenti in corso in ben 27 Procure differenti.

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