Ha detto addio al calcio nel 2011 Marco Paoloni: l’ex portiere è stato praticamente costretto a lasciare lo sport e il lavoro della sua vita a soli 27 anni, “ho perso tutto per colpa delle scommesse”. Una denuncia che viene a galla oggi, seguendo il filone dello scandalo scommesse che sta investendo il mondo del calcio italiano. E mentre Corona continua con i suoi nomi e le sue rivelazioni, la legge fa il proprio corso: sul registro degli indagati al momento ci sono ‘solo’ Nicolò Fagioli, Nicolò Zaniolo e Sandro Tonali. Tuttavia, tornando all’ex portiere, Paoloni fu allontanato dal calcio quando fu accusato di aver somministrato del sonnifero ai compagni di squadra della Cremonese, introducendolo nelle bottigliette d’acqua di ognuno.

Lo aveva fatto per condizionare il risultato della partita, favorendo la propria scommessa. La Figc non lasciò scampo a Paoloni, radiato dalla federazione. E Marco ha atteso otto anni prima di venire assolto dalla giustizia penale. “Prescritta – ricorda oggi -. Risultato: radiato senza aver subito condanne. Ho smesso di giocare a 27 anni, quando è arrivata l’assoluzione ne avevo 39 ed ero troppo vecchio per rientrare. Il mio caso dovrebbe insegnare prudenza perché si rischia di rovinare carriere e famiglie per poi magari scoprire che c’è poco o nulla. Mi sento vicino a questi ragazzi, dico una sola cosa: fatevi subito aiutare”.

La ludopatia: “Giocavo su tutto”

Assolto dal fatto, sì, ma Paoloni aveva un altro grande problema: la ludopatia. “Ero compulsivo, giocavo su tutto – ha raccontato al Corriere -. Ma non mi sono mai venduto una partita, mai”. Non era bisogno di soldi, ma di sensazioni: adrenalina. “Ero giovanissimo, non mi mancava nulla e mi sentivo onnipotente. In campo avevo quell’ansia da prestazione che era pura adrenalina. Fuori cercavo la stessa scossa, ma ero limitato dalla mia ex moglie che mi controllava dappertutto, anche in bagno”.

Nonostante i controlli assidui, riusciva sempre a trovare il modo di piazzare le sue giocate: “Nelle scommesse ritrovavo quella sensazione ed era un mondo tutto mio, bastava un click, nessuno mi vedeva… Non era dunque tanto una questione di denaro. Solo chi si vende le partite lo fa per questo. Il fatto è che non mi sono reso conto di aver superato il limite. Ero arrivato a stare sveglio di notte e il divertimento si è così trasformato in malattia. Ero diventato ludopatico”.

Un’ammissione che ricorda molto le storie lette in questi giorni. Anche lui, come per Fagioli con Tonali, fu ‘stradato’ da altre persone che gli mostrarono un’applicazione. “Ho giocato 600mila euro in tre anni”, afferma oggi. Prendeva “200mila euro”, per rendere meglio l’idea. “Ho iniziato ad Ascoli con un compagno di squadra che mi fece vedere un sito, un po’ come Fagioli con Tonali. Io non lo sapevo ma dietro c’era la malavita, tutto partiva da Singapore”.

Continua a leggere su Chronist.it