Licenziato “per giusta causa”: avrebbe maltrattato e insultato i clienti della banca in cui lavorava come cassiere da ben 28 anni. Alla fine, però, è stato reintegrato e risarcito di 16 mesi di stipendio mancato, secondo quanto stabilito dal giudice del Tribunale di Cremona. Una vicenda destinata a far discutere, lo sta già facendo ora: “Si era ritrovato a lavorare per anni in un ambiente stressogeno”. Ma non solo. La decisione è presa ed è irremovibile, corroborata anche dalle immagini: un paio di occasioni in cui dava in escandescenze, immortalate dalle telecamere a circuito chiuso della filiale.
Il licenziamento del cassiere “va annullato”, come viene raccontato dal Corriere della Sera che ha seguito i fatti, riportando la sentenza del Tribunale di Cremona. Scrive il giudice: “Al lavoratore va sicuramente rimproverato di non aver saputo esercitare il dovuto autocontrollo manifestando all’esterno il proprio malessere in circostanze che richiedevano altro comportamento”. Tuttavia, “tale mancanza, però, si ritiene non possa integrare la giusta causa di licenziamento o il giustificato motivo soggettivo”.
“Il lavoratore costretto a contenere l’umore dei clienti della filiale e a subire qualsiasi tipo di insolenza e vessazione verbale”
Il legale dell’uomo, Domenico Tambasco: “Si tratta di un’ordinanza molto importante perché, sul solco tracciato dalla Cassazione in materia di stress lavorativo, per la prima volta riconosce che i comportamenti ‘reattivi’ oggetto di contestazione disciplinare possono trovare spiegazione nelle condizioni stressogene a cui sono sottoposti i dipendenti. La disfunzione organizzativa può, in determinate situazioni, giustificare quindi la condotta individuale”. Insomma: un comportamento giustificabile.
“Nelle relazioni della banca, tra il 2014 e il 2020, risulta che il cassiere ha avuto ‘risultati complessivamente adeguati’, ma sempre manifestando il proprio malessere. La banca, dunque, sostiene il Tribunale, era consapevole del suo stato d’animo e che questo provocava in qualche caso «una modesta tolleranza allo stress». In più, il lavoratore aveva segnalato in una email al suo direttore, durante la pandemia, «di essere costretto a contenere l’umore dei clienti della filiale e a subire qualsiasi tipo di insolenza e vessazione verbale, senza la possibilità di fare alcuna pausa di recupero di energia psicofisica»”.