Era il 9 ottobre del 1963, esattamente 60 anni fa il disastro del Vajont scrisse una delle pagine più dolorose del secondo dopoguerra italiano. Nella zona delle Prealpi italiane, tra Friuli Venezia Giulia e il Veneto, 270 milioni di metri cubi di roccia scavalcarono la diga e travolsero con violenza inaudita la cittadina del Longarone. La catastrofe fu immane: persero la vita 1920 persone. Arnaldo Olivier all’epoca era poco più di un ragazzino e per la prima volta ha raccontato a Fanpage.it la terribile tragedia di cui è fortunato superstite.
“Una storia non è storia se nessuno la racconta”
Arnaldo Olivier per 35 anni ha tenuto quegli interminabili istanti in cui ha rischiato la vita, il 9 ottobre 1963, dentro di sé, poi però, per evitare che la memoria di quella tragedia venisse cancellata, ha iniziato a narrarla a chiunque avesse voglia di ascoltarla. “Ora ne parlo, racconto quella che è stata la tragedia del Vajont – dice l’uomo – una storia non è storia se non c’è nessuno a raccontarla. Guardo ai giovani, li accompagno nei luoghi della memoria, cerco di lasciare loro un ricordo nitido di questa tragedia, in cui l’uomo decise di sfidare la natura per avidità e bramosia di soldi”.
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Arnaldo ricorda la tragedia del Vajont: fu il padre a salvarlo
L’uomo, oggi anziano, all’epoca della tragedia del Vajont era poco più di un ragazzino e fu salvato dal padre. Arnaldo Olivier per raccontare la sua storia, sceglie come luogo simbolo il cimitero monumentale delle Vittime del Vajont. “Io sono di Codissago, una frazione dove l’acqua di ritorno e l’onda confluirono per trascinare con loro tutto quello che incontrarono”. La sua cittadina fu interamente distrutta e anche parte della sua casa crollò. “L’acqua mi trascinò al piano di sotto mentre ero a letto. Era tutto un vortice, avevo paura di sbattere contro un detrito, un tronco e rimanerci secco. Poi, aprendo le braccia, non ricordo neanche io come, riuscii a prendere mia madre. Finito tutto eravamo incastrati nel fango e nostro padre, a mani nude, ci tirò fuori. Da quella notte se sento un rumore, un qualsiasi rumore, mi devo svegliare per capire da dove proviene”.