Lacrime di dolore e rabbia per i funerali della 52enne

Ha attraversato la navata della Chiesa vestita di bianco, come una sposa: un sogno che non è mai riuscita a realizzare, per quanto avrebbe desiderato. Invece, qualcuno ha deciso di strapparla alla vita in maniera crudele, macabra, spietata: c’è ancora grande rabbia per la morte di Rossella Nappini, l’infermiera del San Filippo Neri, uccisa da 20 coltellate a Monte Mario, nella Capitale.
Durante le esequie, tenute nella giornata di ieri, sabato 9 settembre, la donna indossava l’abito da sposa della sorella. Nel cortile del San Filippo Neri, i colleghi della 52enne le hanno dato l’ultimo saluto, in una funzione strettamente riservata, circondata da un coro di applausi.

Vestita da sposa per l’ultimo saluto: “Vittima dell’odio, vittima della follia”

Vittima dell’odio, vittima della follia“, gridava una collega piangendo.
La sorella Monica, il cognato Francesco, la mamma Teresa, i nipoti sono lì stretti e addolorati. Il vescovo ausiliario di Roma, monsignor Benoni Ambarus, che celebra la funzione ha detto: “Questo ospedale per te sembrava più casa tua che quella vera. Per tanti tu eri un’affamata di vita e di amore e cercavi l’amore. Come tutti noi che siamo tutti poveri d’amore e speriamo nell’inconscio di essere amati e che qualcuno ci accolga così come siamo. Hai terminato la tua esistenza in un modo violento e drammatico, ma noi possiamo dire una cosa, grazie per quello che sei stata e che hai fatto“.
L’impegno di Rossella per le persone malate non sarà mai dimenticato.
“Ce ne vuole tanta di forza per stare ogni giorno al fianco di chi soffre” – ha detto un’altra collega.

Infermiera uccisa a Roma: continuano le indagini

Nessun accenno tra la folla al suo presunto carnefice. L’uomo, Adil Harrati, 45 anni, marocchino irregolare è stato fermato con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.
Nell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere e il gip ha convalidato l’arresto in carcere. A suo carico la Squadra Mobile ha raccolto elementi che inequivocabilmente lo collocavano nell’area del delitto all’ora dell’omicidio: le immagini video di alcuni impianti di sorveglianza, il suo cellulare agganciato alla cella di via Giovanni Allievo.
Nel frattempo, le autorità stanno cercando di approfondire le dinamiche del delitto soffermandosi sugli elementi mancanti: il movente, prima di tutto, ma anche l’arma, che manca ancora all’appello e i vestiti sporchi di sangue.
Dove sono finiti? Perché infierire sul corpo della vittima con 20 coltellate? Tutte domande a cui gli investigatori stanno cercando di dare una risposta, così come il legame tra Rossella e il suo assassino, ancora poco chiaro.

Continua a leggere su Chronist.it