L’operazione anti ‘ndrangheta denominata “Maestrale-Carthego” ha portato a 86 misure cautelari per associazione mafiosa, traffico di droga e armi, estorsioni e omicidi” nel Vibonese. A parlare con soddisfazione dei risultati ottenuti è Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro. “È stato un lavoro molto importante che ha riguardato in questi anni la provincia di Vibo Valentia, un territorio dove insiste una ‘ndrangheta pervasiva che controlla anche il battito cardiaco dei cittadini”. L’indagine, tra l’altro, ha permesso anche di far luce sull’efferato delitto di Maria Chindamo, avvenuto il 6 maggio del 2016.
Maria Chindamo, uccisa e data in pasto ai maiali
Per l’omicidio dell’imprenditrice, infatti, è finito in manette Salvatore Ascone. Maria Chindamo fu uccisa 2 giorni dopo aver condiviso sui social una foto con il suo nuovo fidanzato, a un anno dalla scomparsa del marito. Per questo, e per via di alcuni terreni che interessavano agli ‘ndranghetisti e che gestiva da sola, la donna è stata uccisa, i suoi resti tritati e dati in pasto ai maiali.
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Le parole del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Grattieri
A rivelare i macabri dettagli dell’omicidio di Maria Chindamo, è stato il procuratore Gratteri. “Maria Chindamo è stata uccisa esattamente un anno dopo il suicidio del marito, quando si è permessa di postare le foto con il suo nuovo compagno. Dopo due giorni dallo scatto è stata uccisa in un modo inumano, tragico. Uccisa e data in pasto ai maiali, i resti macinati con un trattore cingolato per far sparire ogni traccia. Oltre alla ferocia dell’omicidio anche la malvagità e la cattiveria sul corpo. È stata uccisa perché voleva essere una donna e una imprenditrice libera”.
“A Maria Chindamo non è stata perdonata la sua libertà. La gestione dei terreni avuti in eredità e su cui c’erano gli appetiti di una famiglia di ‘ndrangheta e il suo nuovo amore. Tutto questo perché questa donna ha pensato di diventare imprenditrice di curare gli interessi della terra e dei suoi figli e si è pure iscritta all’università. Lei non si poteva permettere il lusso di rifarsi una vita, di gestire in modo imprenditoriale quel terreno e di poter curare e fare crescere i figli in modo libero e uscendo dalla mentalità mafiosa”.