Era simbolo di bellezza per i cinesi, per la loro tradizione: i cosiddetti piedi di “Loto”. Si tratta di una partica molto dolorosa, attuata sui piedi delle bambine per far restare i loro arti piccolini e quanto più simili proprio ad un fiore di loto. Millenni di tradizione cinese che trova l’ultima superstite in Zhou Guizhen, l’ultima donna con questi piedi caratteristici, che vive nel villaggiu Liuy, provincia meridionale cinese di Yunnan. La donna ha oltre 90 anni, si è lasciata intervistare e fotografare, per mostrare al mondo il risultato di tale procedura.

Questa tradizione, sorta sotto la dinastia Song nel ‘960, e vietata solo dal 1911, sebbene in alcune zone avesse resistito fino al ’39 circa, obbligava le donne a “conservare” i piedi piccolini proprio come un fiore, il simbolo di bellezza e promessa di obbedienza nei confronti del futuro consorte. Piedi che significavano “bellezza ed eleganza”. Le bimbe, così, alla sola età tra i 4 e i 9 anni, venivano praticamente “torturate” con questa pratica traumatica, utile a bloccare il naturale sviluppo dei piedi.

La pratica veniva realizzata nei mesi più freddi dell’anno, sfruttando l’effetto anestetico favorito dal freddo. A poco però servivano questi rimedi, perché il dolore percepito era allucinante. La fasciatura era talmente stretta da rompere le ossa delle dita dei piedi, arrivando a deformarsi per assumere negli anni un aspetto differente da quello naturale. Zhou non è riuscita più a camminare sui suoi piedi deformati e più l’età avanza, più gli acciacchi rendono complicate le possibilità di movimento. Come si nota dalle immagini, l’alluce veniva lasciato intatto, l’unico dito a non subire trasformazioni. Da quanto riporta una rivista cinese, dopo l’intervista alla donna 86enne, emerge che al tempo si credeva che avere i piedi invalidanti, costringeva le donne ad una differente deambulazione che permettava la contrazione della coscia e dei muscoli pelvici. Il risultato finale permetteva agli uomini di “godere di muscoli vaginali più forti durante il sesso”. “Una pratica atta al soddisfacimento sessuale maschile”, scrive il magazine orientale, probabilmente “venduta come simbolo di bellezza”.

Continua a leggere su Chronist.it