La denuncia del 22enne Andrea, un nome di fantasia che scegliamo noi. Si tratta di un ragazzo che vive a Roma con i genitori e lavora part time in un bar. A breve dovrà andare a vivere da solo e il contratto di lavoro attuale non gli basta per sopravvivere. “Sto cercando un lavoro a tempo pieno”. Andrea ha scritto a Nico Piro e il giornalista ha condiviso lo sfogo attraverso un tweet, poi diventato virale. Quello che denuncia fa eco alla polemica che divampa sul delicato tema dei giovani, che non avrebbero “intenzioni serie” quando si tratta di lavoro, e la controparte, che punta il dito contro stipendi bassi e condizioni di lavoro ai limiti dello sfruttamento.

Mentre il braccio di ferro prosegue imperterrito, Andrea rende nota la sua situazione: “Quello che mi proponeva questo bar di lusso, che si trova al centro di Roma ed è molto frequentato, è un contratto il cui stipendio va ad aumentare mese dopo mese”. Dunque, nei primi due mesi avrebbe ottenuto 450 euro di stipendio, che sarebbero cresciuti fino a distanza di otto mesi, dove avrebbe raggiunto la soglia massima di 900 euro. “Me lo stavano vendendo come fosse l’occasione del secolo, quando in realtà stiamo parlando di una paga misera per 40 ore di lavoro a settimana, che di certo non mi permette di andare a vivere da solo”. Poi una valutazione che fa riflettere: “Prendo di più col part time di ora…”.

Andrea è perplesso nel ricordare come il titolare del bar non si capacitasse proprio del suo rifiuto: “Ma io non capisco come si fa anche solo a proporre una cosa del genere”. Il ragazzo ha poi racconato altre vicissitudini personali, stavolta con la professione di cameriere: “Dopo tre mesi che lavoravo lì come cameriere volevano farmi fare ‘il salto di qualità’, come lo hanno chiamato loro. Mi hanno proposto di lavorare sette giorni su sette fino a settembre, dieci ore al giorno, per mille euro al mese. Ho rifiutato e mi hanno pure preso a parolacce, mi hanno insultato. Mio padre ogni tanto collaborava con loro, hanno smesso di chiamare pure lui per ripicca”.

Altre peripezie quando ha lavorato al Call Center, “non so neanche se è legale prendere una tale cifra, me ne sono andato via subito”. Insomma: è Andrea ad essere scansafatiche, incapace e sfortunato nel lavoro, o il problema è più profondo di così? Il reale problema circoscrive la responsabilità solo ai giovani, colpevoli di non voler lavorare, ‘faticare’? O si tratta di una colpa condivisa? Il braccio di ferro continua.

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