Non molto tempo fa, una donna di 50 anni aveva comunicato la sua complicatissima situazione lavorativa e lo aveva fatto attraverso una lettera a cuore aperto, inviata al quotidiano online di Fanpage.

“Sfruttata per anni in Sicilia, ora vivo a Barcellona e non la cambierei per niente al mondo”

Lei è una ragioniera di mezza età, dopo aver cominciato l’università decise di abbandonare. Oggi vive in Spagna, ma non può dimenticare il calvario quando lavorava in Sicilia:

“Ho vissuto un’incredibile quantità di esperienze lavorative di sfruttamento. Da 18 anni vivo a Barcellona e non la cambierei per niente al mondo. Non vi racconto tutti gli episodi ma uno mi ha fatto più male di altri. Avevo 19 anni, lavoravo per una impresa di costruzioni, scrivendo le gare d’appalto, lasciando mance (chiamiamole così, per diversi impiegati pubblici) facendo la schiava con gli orari, arrivando ad anticipare con i miei soldi (miseri, guadagnavo 400 euro) le gestioni per partecipare alle gare. Un giorno il mio capo mi ha detto che mi voleva assumere con un contratto regolare. Scema, ci ho creduto. Per un anno io ho guadagnato 400 euro, firmando una busta paga di 1.200, firmando un assegno di 1200 che poi dovevo cambiare in banca e lasciare la differenza a lui. E il peggio è che sempre mi sembrava normale. Tutto mi è sempre sembrato normale. E ora mi sembra fantastico che la gente, che i giovani si ribellino a quello che non è normale, non è giusto”.

L’altra lettera

Questa storia faceva il paio con un’altra lettera giunta in redazione, proveniente da una giovane donna originaria della Romania, oggi residente in provincia di Pordenone. Non solo la Sicilia, il disagio è nazionale. Ha lavorato “da febbraio ad aprile, fino a 15 ore al giorno in un bar”. La cosa peggiore? “Ancora non sono stata pagata”, ha confessato nonostante il tempo trascorso.

“Ho iniziato a febbraio a lavorare in un bar dove sono stata fino ad aprile dove lavoravo anche 15 ore al giorno per mancanza del personale. Fino ad oggi non sono stata pagata. A fine maggio ho iniziato a lavorare in un ristorante con orari pazzeschi, 35 ore lavorate in 5 giorni dove sono stata pagata 235 euro. Adesso sto lavorando in una fabbrica settore plastica, 3 turni, 8 ore al giorno con un caldo di 50 gradi dentro per 1300 euro. Non so come si chiama questo, però io lo chiamo sfruttamento-schiavitù. Poi, voi titolari delle aziende vi lamentate che non trovate personale ma io dico di mettervi nei panni anche di quelli che stanno lavorando perché siamo umani non macchine. Offrite uno stipendio adeguato per il lavoro che si svolge e anche condizioni umani. Purtroppo si deve lavorare per poter vivere, però mi sa che anche lavorare in queste condizioni non si può più vivere”.

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