Fuori Ordinanza di Salvo Sottile: la sentenza per l’omicidio di Carol Maltesi. Ci sono sentenze che lasciano l’amaro in bocca: mai avrei immaginato che un giudice definisse una donna uccisa “giovane e disinibita”, mentre il suo assassino, l’uomo che l’ha fatta a pezzi, un poveretto che era innamorato ed è stato scaricato”. Cose dell’altro mondo. La percezione è sempre quella di avere una giustizia zoppa: a volte troppo severa con i deboli, a volte eccessivamente indulgente e permissiva con gli assassini. È come se la magistratura volesse marcare una distanza sempre più pronunciata tra sé stessa e l’opinione pubblica, per mettere nero su bianco un principio: e cioè, che una cosa è il diritto, il libero convincimento di un giudice, e un’altra cosa è il dolore per le vittime o il sentire comune di chi legge i giornali o guarda la tv.

La sentenza sull’omicidio di Carol: dall’ergastolo a trent’anni, il punto

Ieri è uscita la sentenza che riduce a trent’anni la richiesta di ergastolo per Davide Fontana – 44 anni – che ha ucciso a martellate, sgozzato, fatto a pezzi, conservato in un frigo e infine bruciato in un barbecue, i resti di Carol Maltesi, 26 anni, madre di un bambino piccolo. Il giudice, nella sentenza, scrive che lei “era giovane e disinibita”, e lui invece “molto innamorato”. Il magistrato, per motivare la sua decisione, aggiunge che lei si stava allontanando da lui, “scaricandolo”. Ha usato questo verbo: “Scaricare”. Dunque, non ha agito con crudeltà e premeditazione, ma sulla spinta, come dire, di una delusione per un amore non più corrisposto.

Davvero pensiamo che tutto questo la gente lo capisca? Che un assassino è meno assassino perché una donna si era allontanata da lui, e quindi l’omicidio è da inserire in una cornice diversa? Sempre di delitto si tratta, anche perché, a dirla tutta, Fontana, per tre mesi, ha nascosto l’omicidio continuando a inviare messaggi dal cellulare di Carol. Scriveva: “Sono a Dubai, non cercatemi”. Se non è crudeltà questa, cos’è?

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