A quasi un anno di distanza dalla sua esperienza a bordo del sottomarino Titan, anche il produttore del noto cartone animato rilascia la sua inquietante dichiarazione in merito
A bordo del sottomarino Titan ci era salito anche Mike Reiss, storico produttore de “I Simpson”, il noto cartone animato di fama internazionale, tra i più famosi e apprezzati. Ormai non si parla d’altro e, ad un giorno dall’annuncio della morte dei cinque avventurieri, sono diverse le dichiarazioni di chi ha vissuto o si è avvicinato in qualche modo a questa esperienza. Tra loro c’è proprio lo scrittore di commedie e produttore: era il luglio del 2022, quasi un anno fa esatto. Oggi 63enne, Mike ne ha voluto parlare in un editoriale scritto per la CNN.
Il racconto del produttore Mike Reiss: “Devi firmare una rinuncia che descrive tutti i modi con i quali potresti morire”
Nel suo editoriale, Mike esalta la bellezza di un’esperienza simile, ricalcando i lati positivi dietro alla corposa spesa di centinaia di migliaia di dollari per un’avventura simile. “Un’esperienza emozionante, maestosa e irripetibile”, poi arrivano i lati negativi, imprescindibili da tutti quelli positivi: “La catastrofe era sempre vicina, ad un passo”. Ed in parte annunciata, come rivelano i documenti che ha dovuto firmare prima di accettare pienamente di far parte della missione, confermando di dichiarare di essere a conoscenza di tutti i modi in cui sarebbe potuto morire. “La morte viene menzionata tre volte nella prima pagina, salutai mia moglie con un bacio prima di andarmene pensando che avrei potuto non rivederla più. In breve, il disastro faceva parte del pacchetto”. Nel documento viene citata ripetutamente l’eventuale morte per “asfissia, annegamento, schiacciamento”.
Nel lungo editoriale redatto, Reiss non parla di un gioco spaventoso e a lieto fine come “un giro sulle montagne russe”, perché “il pericolo era reale”. Eppure, per tutto il viaggio, durato 10 ore, “mi sentii in uno stato di concentrazione e calma che non avevo mai provato prima”. Sebbene “l’eccitazione e la trepidazione”, durante la discesa era talmente rilassato nel “sottomarino silenzioso, buio e comodo” che si addormentò. Come ha spiegato, “ci vogliono due ore e mezza per scendere le due miglia e mezzo fino al fondo dell’oceano”. Quando riaprì gli occhi era convinto di essere a casa, poi realizzò: “Ero in un tubo d’acciaio a 13.000 piedi sotto il mare”.
“Ci eravamo persi”
Al risveglio cominciarono i problemi perché l’equipaggio si rese conto di essere distante mezzo chilometro dal Titanic secondo i dati che risultavano al momento. Nel buio pesto dell’oceano era difficile orientarsi: “Non riuscivamo a trovarlo nell’oscurità”. In quei momenti riuscirono tutti a mantenere il controllo, “non c’era panico a bordo, solo concentrazione”. La sua storia però ebbe un lieto fine che oggi gli permette di raccontare l’esperienza. “Oggi ho perso un amico – ha concluso, ricordando Stockton Rush – era un grande sognatore americano”. Ritiene quella di Rush una “visione impossibile” che è comunque riuscito a realizzare “una dozzina di volte”. Purtroppo, stavolta, “la sua fortuna si è esaurita”.