Le immagini non nascondono il terrore del buio e del silenzio dell’oceano durante la lunga immersione per raggiungere la profondità in cui si trova il Titanic
Un minuto e 15 secondi interminabili per scoprire la profondità in scala del relitto del Titanic, situato a 3.810 metri dal livello del mare. Ormai la notizia è di dominio internazionale e purtroppo il lieto fine tanto sperato non è arrivato: proprio come per il Titanic, l’oggetto della tragedia, la drammatica sventura capitata al Titan forse poteva essere evitata se non ci si fosse spinti tanto oltre. Come ha fatto notare il produttore e scrittore Mike Reiss che ha vissuto l’esperienza in prima persona, parlando del compianto amico Stockton Rush, co-fondatore di OceanGate Expeditions, “la fortuna lo ha abbandonato” dopo “una dozzina di esperienze” in fondo all’oceano. Come a dire: se tiri la corda troppe volte, poi si spezza.
La sventura del Titan fa versare lacrime amare, amarissime se si pensa all’analogo destino tra i due eventi – parlando del Titanic – a distanza di oltre 100 anni. In entrambi i casi non è stato dato il giusto peso alle misure preventive e ai rischi a cui andavano incontro le vittime. Inoltre, secondo gli esperti, la scelta del materiale utilizzato per la realizzazione è piuttosto discutibile. Niente classico acciaio per la camera di pressione, ma un modello sperimentale di titanio e fibra di carbonio composita, due materiali che insieme non formerebbero affatto un’accoppiata vincente per una missione simile.
Le vittime non si sarebbero accorte di nulla
“Il titanio può adattarsi a una vasta gamma di sollecitazioni senza che rimanga alcuna deformazione permanente misurabile dopo il ritorno alla pressione atmosferica”. Mentre il titanio si adatta al movimento di espansione e restringimento, al contrario, il composito in fibra di carbonio è rigido “e non gode della stessa elasticità” quando sottoposto a sollecitazioni. Dietro a queste considerazioni si celerebbe la causa della fatale implosione avvenuta ad un’ora e 45 minuti dall’immersione del sottomarino Titan, già sopravvissuto ad altre esperienze “paurose” descritte come tali da chi ha avuto il coraggio di avventurarsi in questa terrificante missione. Secondo gli esperti, l’implosione avrebbe provocato la morte istantanea dei cinque passeggeri che non si sarebbero neanche accorti dei problemi sopraggiunti durante l’immersione.