Capisco il padre di quel bambino di 5 anni morto a Roma, Manuel, ucciso da un mezzo guidato da uno youtuber. Capisco perché è accorso sul luogo dell’incidente e, vedendo il proprio figlio morto per una bravata di quattro ragazzini che volevano fare gli splendidi sui social, gli sia salita una rabbia in corpo e volesse mettere le mani al collo a chi è che ha ucciso suo figlio. Pare abbia voluto aggredire il conducente di quella Lamborghini: non è successo solo perché dei passanti lo hanno fermato. Ma lo capisco: umanamente lo capisco. Ci deve essere un limite alla stupidità umana, perché noleggiare un bolide così potente e spingerlo a tutta velocità su una strada in pieno giorno solo per fare un video col telefonino è una roba da stupidi, oltre che da criminali.
Manuel, ucciso dalla bravata dei The Borderline, youtuber positivo al test antidroga e a bordo di una vettura che non poteva guidare: chi ha permesso tutto questo?
Sacrificare, in nome dei social, e di YouTube, una giovane vita innocente non ha giustificazione, non ha attenuanti. E chissà quante volte i Borderline – questi ragazzini si facevano chiamare così – hanno fatto bravate come queste. Chissà quante volte hanno rischiato di uccidere qualcuno. Oggi gli è andata male: sulla loro strada hanno incontrato una Smart, una mamma che aveva appena preso i suoi figli all’asilo e non ha potuto far altro che vedere quel proiettile venirgli addosso. Manuel, suo figlio di 5 anni, è morto sul colpo: lei e l’altra figlia sono ricoverate in ospedale in stato di shock. Il conducente della Lamborghini ha appena vent’anni, è indagato per omicidio stradale. Non solo è stato riconosciuto positivo al test antidroga ma, a quanto pare, non poteva guidare quella macchina di grossa cilindrata. Chi ha chiuso un occhio permettendogli di prenderla lo stesso? Sono tutte cose che si vedranno.
Ma intanto il pensiero va a Manuel, quel bambino di 5 anni che non c’è più. Da genitore non ti puoi rassegnare se tuo figlio muore per incidente. Ma ancora di più è difficile rassegnarsi pensando che quella morte è stata cercata solo per avere qualche like in più. Riflettiamo tutti su questo: i social hanno generato un mostro. Non solo quell’universo parallelo dove certe vite vengono esposte ed esibite senza pudore, ma un grande pozzo nero in cui la vita digitale, purtroppo, vale più della vita vera.

